Ci inventiamo di tutto per credere di stare bene e di essere quelli ‘buoni’, ci nascondiamo dietro al dito dell’orgoglio, del cinismo e di una giustizia auto-referenziale che evidenziano solo quanto siamo ossessionati da noi stessi, vittime del senso di importanza personale, interessati solo a ciò che alimenta il nostro finto, superficiale, effimero benessere.
C’è un’idolatria dilagante, un’adorazione cieca a oggetti, immagini, gesti, sistemi di conoscenza – Enneagramma compreso – cui attribuiamo poteri magici che chiamiamo divini. C’è un dilagare di chiese, marchi registrati dell’acqua calda, guru, maestri e sciamani della porta accanto, il cui numero ha oramai superato di gran lunga quello dei discepoli disponibili.
C’è poca o nulla voglia di comprendere. Perché comprendere implica impegnarsi, fermarsi a sentire, riconoscere, appropriarsi di ciò che si vive ed elaborarlo, smettere di credersi importanti e di prendere tutto in modo personale, né rimanendo attaccati alla paura o a un’idea, né disimpegnandosi e allontanandoci dal dolore senza averlo digerito. Viviamo all’estremo del farci soffocare da narcisistici e inutili sensi di colpa all’estremo del farci cinicamente scivolare tutto addosso. Manca la terza vita, quella che si prende le responsabilità, quella che guarda le proprie macerie interiori e l’odio misconosciuto che le provoca.
Se vogliamo vedere gli idoli che adoriamo, la megalomania e le trappole estremiste in cui siamo immersi, l’Enneagramma ce li mostra benissimo, poco importa di che tipo siamo. Nel triangolo 3-6-9 vediamo che siamo tutti distratti e dimentichiamo ciò che è davvero importante, a partire da noi stessi, schiavi del pensiero magico del bambino e della spiritualità fai da te. Siamo tutti terribilmente impauriti e cinici, dipendenti in modo imbarazzante da allarmismi, emergenze e qualcuno che ci salvi o almeno ci dica cosa fare. Siamo tutti finti, personaggi che recitano un copione di vita scritto da altri e terribilmente prevedibile, perenni figli ed eterni bambini che si sacrificano per un’immagine di mamma e papa. Negli altri sei punti vediamo che siamo tutti ipocriti pronti a vedere e giudicare l’errore dell’altro, tutti bisognosi d’amore negando di esserlo, tutti convinti di essere speciali e insostituibili, tutti illusi di essere più intelligenti degli altri, tutti avidi e superficiali incapaci di fermarci a sentire, tutti prepotenti in modo più o meno diretto o manipolatorio.
A questo livello qualsiasi differenza invece di essere riconosciuta come un valore aggiunto è vista e vissuta come una dichiarazione di guerra. A questo livello cerchiamo chi la pensa come noi per non farci domande e sentirci giusti, i conflitti che ci mostrano la via verso la liberazione sono interpretati come ostacoli ai nostri obiettivi egoici. Se le differenze sono nemiche, finiamo per diventare dipendenti da chi alimenta la nostra illusione su noi stessi e il mondo, per innamorarci di chi ci nutre l’ego e ci offre false sicurezze. Finiamo per giudicare, odiare e combattere chi davvero ci mostra come uscire dalla prigione, per difenderci da chi ci rimanda tutto ciò che non vogliamo né vedere, né tantomeno riconoscere e affrontare per diventare più liberi e realizzare chi siamo.
La nostra disimpegnata ed effimera felicità ha un costo personale e sociale altissimo. Ci interessa solo che la nostra vita vada avanti come da copione, raccontandoci che i cattivi sono gli altri, per deresponsabilizzarci e tirarci fuori dai problemi. “Non mi avete fatto niente” descrive benissimo la nostra indifferenza a noi stessi e alla vita. La nostra durezza. Continuiamo a perdere ciò che amiamo e continuiamo a girarci dall’altra parte e andare avanti come se nulla fosse, raccontandoci qualche bella storia new age o pseudo-spirituale tipo “doveva andare così”, per continuare a non sentire. Oppure soccombiamo alla disperazione, ci paralizziamo per la paura, ci lasciamo prosciugare dall’ansia e ci raccontiamo un sacco di storie per non prendere una posizione, per non scegliere di vivere pienamente. Sopravviviamo come macchine in un sistema che ci rende sempre meno umani.
Peccato. Credo questo sia il vero senso del peccato, disonorare chi siamo e i nostri doni, uccidere e misconoscere gli altri e i loro doni, distruggerci a vicenda e distruggere ciò che ci sostiene fisicamente, emotivamente e mentalmente.
Sappiamo o abbiamo il sentore che dentro di noi alberga altrettanta luce e se così non fosse probabilmente ci saremmo già estinti. Sappiamo in qualche luogo più o meno seppellito della nostra coscienza che siamo esseri dotati di risorse per vivere pienamente il dolore tanto quanto la gioia suprema e la realizzazione profonda di noi stessi.
Oltre alle trappole e ciò che possiamo diventare al peggio di noi stessi, l’Enneagramma ci mostra anche la meraviglia che siamo, i doni disponibili che possiamo manifestare.
Nel triangolo vediamo che è nella nostra vera natura essere una fonte inesauribile di serenità, accettazione e vitalità nel mondo, presenti e impegnati in un bene che abbraccia gli opposti come doni che dalla loro unione generano livelli più elevati. E’ nella nostra vera natura avere fede in noi stessi e fiducia nella bontà della vita, essere coraggiosi e capaci di gestire la vita in qualsiasi condizione, cooperare per qualcosa che va oltre la nostra vita sapendo che tutto ciò che accade a tutti gli essere viventi ci tocca personalmente. E’ nella nostra vera natura sviluppare noi stessi ed essere un esempio per gli altri, godere della nostra esistenza onorare e manifestare i doni e i talenti che abbiamo e stimare e valutare gli altri.
Nei sei punti adiacenti vediamo che è nella nostra vera natura vivere per una causa elevata, essere saggi, pazienti e saper discernere, vivere con integrità e onore puntando sempre verso il miglioramento. E’ nella nostra vera natura essere buoni con noi stessi, nutrire noi stessi e gli altri, avere buone intenzioni e compassione per gli altri e riconoscere quanto amore c’è in ogni istante. E’ nella nostra vera natura essere intimi con noi stessi, perdonarci e perdonare, usare tutto nella nostra vita per crescere e lasciarci rinnovare dalle nostre esperienze. E’ nella nostra vera natura vivere nella verità e lottare per essa, osservare noi stessi e gli altri senza giudizio e senza aspettative, sempre stupiti dall’infinita ricchezza del mondo. E’ nella nostra vera natura essere grati per ogni istante, celebrare gioiosamente l’esistenza, condividere la nostra felicità e contribuire alla ricchezza dell’esperienza per tutti. E’ nella nostra vera natura rispettare noi stessi e gli altri, difendere i nostri diritti ed esprimere ciò in cui crediamo, essere forti e capaci di influenzare il nostro mondo con compassione e umiltà.
E quando lo sappiamo davvero abbiamo una scelta: vivere con le mani sugli occhi o con le mani sul cuore.
Maura Amelia Bonanno