Skip links

Newsletter maggio 2018

Amor ex auditu, l’amore nasce dall’ascolto. Non a caso le narrazioni bibliche dicono che il grande ostacolo al cammino di liberazione nell’esodo del popolo d’Israele dall’Egitto fu la “durezza di cuore”, l’ostinazione ad ascoltare solo se stessi e quindi non avere spazio per ascoltare Dio. Non a caso tutte le tradizioni spirituali e religiose invitano a fare attenzione a chi si ascolta, a ciò che si ascolta, a come si ascolta.

L’ascolto è un tema antico e complesso trattato in centinaia di tomi, che non ho velleità di scandagliare in poche righe. Il mio intento questo mese è condividere alcune considerazioni che favoriscono la relazione attraverso l’ascolto, offerte sia dall’Enneagramma sia dall’approccio integrale, augurandomi che possano essere di ispirazione e sostegno. Sono profondamente convinta che la pratica dell’ascolto – di se stessi e degli altri – è l’atteggiamento anti-idolatria per eccellenza: o stiamo ascoltando i nostri idoli personali e sociali o stiamo ascoltando Dio.

L’Approccio integrale di Ken Wilber – cui mi riferisco in tutto il lavoro che propongo – indica che dal punto di vista fenomenologico l’interpretazione nella comunicazione è inevitabile e che è il ruolo e la responsabilità delle nostre identità in veglia è fabbricare tali interpretazioni, con la consapevolezza che sono parziali, che distorcono la realtà e perpetuano le illusioni. Nella migliore delle ipotesi sono Upāya (termine proprio del Buddhismo Mahāyāna che indica i “mezzi o espedienti atti a raggiungere uno scopo), quindi deliri costruttivi che hanno lo scopo di svegliarci alla realtà.
Anche considerando solo questo, emerge che il primo ostacolo all’ascolto non è il fatto che abbiamo delle inevitabili interpretazioni, bensì la cecità al fatto di averle. Gurdjieff sosteneva che il primo sintomo del vivere completamente addormentati a se stessi è negare di esserlo. 
Le distorsioni cognitive sono state prese in considerazione in particolare dalle tradizioni spirituali orientali, nei concetti di MayaSamsaraDukkha e Avidya che indicano i nostri travisamenti soggettivi come illusione, chimera, sofferenza e ignoranza. Sono le convinzioni della nostra coscienza, le fissazioni descritte dall’Enneagramma. Pur riferendosi allo stesso fenomeno, le tradizioni orientali considerano l’illusione e l’ignoranza come condizioni di vita ineluttabili che possono essere ridotti e modificati ma non eliminati, mentre in occidente li consideriamo condizioni soggette a controllo personale. In entrambi i casi negarne l’esistenza e l’impatto ne alimenta la produzione e la crescita. Domande come quale parte di me sta ascoltando, a cosa sto dando attenzione selettiva e quale parte di me stesso o dell’altro sto ascoltando sono fondamentali, tuttavia hanno utilità solo se l’ atteggiamento è quello della curiosità di scoprire qualcosa di nuovo.

L’Enneagramma descrive in modo eccellente le nostre distorsioni cognitive, i modi in cui interpretiamo, il piccolo mondo illusorio in cui ci chiudiamo, il modo in cui non ascoltiamo, ciò cui diamo attenzione esclusiva, cosa evitiamo di ascoltare finendo per trasformare un potenziale dialogo costruttivo in una discussione da cui uscire tutti perdenti. Sapere quali chimere tendiamo a inseguire ci fa accorgere quando rischiamo di prendere le cose in modo personale o di proiettare le nostre paure sull’altro, ci permette di ascoltarci in modo più accurato e ciò è profondamente liberatorio, nutriente, unificante.
Ovviamente sono informazioni utili solo se si ha desiderio di uscire dalla propria prigione mentale, se si ha intenzione di beccarsi in fallo per utilizzare ciò che addormenta allo scopo di svegliarci, come suggeriva Gurdjieff. E’ necessario che ci sia disponibilità a vedere che siamo computer indotti elettronicamente a ripetere una parte del programma e solo in questo caso le interpretazioni soggettive sono Upāya, mezzi abili a liberarci. 

Quando desideriamo ascoltare noi stessi nelle sensazioni corporee o nelle emozioni, o quando stiamo interagendo con qualcuno, possiamo notare che c’è un livello interpretativo, fatto di paragoni, giudizi di valore e considerazioni limitanti che seguono una logica razionale ferrea. Anche mentre leggiamo queste righe possiamo lasciare che ci tocchino, possiamo catalogarle nella nostra testa, possiamo farle rimbalzare. Possiamo scegliere di seguire lo schema di pensiero conosciuto, possiamo ascoltare i nostri idoli e difenderli, oppure scegliere di lasciare che i pensieri automatici esistano, senza seguirli. Per questo è interessante sapere quali sono gli idoli, per poter discriminare ed evitare che prendano tutto lo spazio della coscienza. Lo scopo non è eliminare qualcosa, né modificarlo: il solo identificarli ne diminuisce la potenza in modo considerevole.

Se sono un tipo Una la distorsione cognitiva è quella che c’è qualcosa da correggere da qualche parte. Da questa prospettiva mi difendo da tutto ciò che mi toglie l’idolo della perfezione e l’illusione di essere nel giusto.

Se sono un tipo Due la distorsione cognitiva è quella di poter ottenere le cose nel modo in cui le voglio. Da questa prospettiva mi difendo da tutto ciò che mi toglie l’illusione di essere amorevole e accettante e l’idolo del falso servizio.

Se sono un tipo Tre la distorsione cognitiva è quella di poter agire indipendentemente dal resto dell’universo. Da questa prospettiva mi difendo da tutto ciò che mi toglie l’illusione di essere dio e l’idolo del successo materiale.

Se sono un tipo Quattro la distorsione cognitiva è quella di essere differente e unico. Da questa prospettiva mi difendo da tutto ciò che mi toglie l’illusione di essere profondo e originale e l’idolo dell’autenticità.

Se sono un tipo Cinque la distorsione cognitiva è quella di essere isolato da tutto. Da questa prospettiva mi difendo da tutto ciò che mi toglie l’illusione di non avere bisogno degli altri e l’idolo della falsa autonomia.

Se sono un tipo Sei la distorsione cognitiva è quella che dubitare mi farà capire di cosa fidarmi. Da questa prospettiva mi difendo da tutto ciò che mi toglie l’illusione di trovare risposte fuori e l’idolo delle false certezze .

Se sono un tipo Sette la distorsione cognitiva è quella che con l’esperienza giusta il vuoto sarà riempito. Da questa prospettiva mi difendo da tutto che mi toglie l’idolo della falsa libertà e l’illusione di trovare completezza dove penso io.

Se sono un tipo Otto la distorsione cognitiva è quella di evitare che qualcuno abbia la meglio su di me. Da questa prospettiva mi difendo da tutto ciò che mi può togliere l’idolo della forza e l’illusione di essere autorevole.

Se sono un tipo Nove la distorsione cognitiva è quella che scomparendo anche a me stesso posso stare tranquillo. Da questa prospettiva mi difendo da tutto ciò che mi toglie l’illusione di agio interiore e l’idolo della falsa pace.

Le nostre credenze determinano completamente le nostre esperienze inclusa quella dell’ascolto. Ascoltarci in tutte le nostre sfaccettature, gli dei personali, il cuore, il corpo, l’anima è una forma d’amore per noi stessi e di rispetto per la vita e per chi siamo ed è l’unica strada per conoscerci e per relazionarci in modo vivo, vero e vitale. Amor ex auditu, l’amore nasce dall’ascolto e l’ascolto nutre l’amore.

Maura Amelia Bonanno