Scrivo questa newsletter dopo avere ascoltato gli ultimi annunci politici riguardo alle guerre internazionali in corso in cui si stanno svolgendo massacri e stermini, mentre altri 50 Paesi nel mondo sono coinvolti in scontri estremi. Roba da togliere l’appetito per un po’.
Siamo molto velocemente passati da anni in cui il sentimento collettivo prevalente è stato l’incertezza a quello di disastro certo annunciato.
Nella scorsa newsletter ho condiviso che secondo me è finito il tempo in cui occuparsi di sanare i traumi del passato. In questa aggiungo che, almeno per noi occidentali, è il tempo di gestire con più risorse interiori possibili il trauma del futuro, il vivere in un clima di fine incombente. Per molti, vivere sull’orlo del baratro dichiarato come unica realtà possibile non lascia tempo alla riflessione. Può portare all’impulsività, al diniego, alla rassegnazione. I fatti dimostrano che è impossibile trovare armonia, forza, integrità, realizzazione, amore, identità, certezze, senso e libertà fuori da se stessi. C’è chi ha compreso che la questione non è stabilire chi ha ragione o schierarsi, bensì mantenere un equilibrio interiore, talvolta anche lasciando da parte il tentativo di comprendere, rimandando l’elaborazione a dopo.
In modo particolare negli ultimi anni – ma guardando indietro da parecchio – viviamo in un’atmosfera ambigua mista di allerta, distrazione ed esibizionismo. A gradi diversi, la maggioranza degli esseri umani sta manifestando i propri aspetti peggiori, i più bassi descritti dall’Enneagramma.
Partendo dalla sconnessione, la passività, la testardaggine, l’indolenza e il fatalismo del punto nove in ognuno di noi. Addormentiamo la nostra coscienza, ci annebbiamo con l’abitudine, il divertimento, la distrazione, illudendoci che questi orrori non stiano davvero accadendo. Ci rifugiamo nel pensiero magico e lo chiamiamo spiritualità.
Manifestiamo l’autoritarismo, la prepotenza, la vendetta, la provocazione, l’aggressività, la violenza, la caparbietà, la megalomania del punto otto in ognuno di noi. Siamo convinti che il potere renda giusti, costruiamo muri invalicabili, distruggiamo illudendoci di essere invincibili. Neghiamo la realtà illudendoci di poter controllare noi stessi, gli altri e gli eventi.
Viviamo l’intolleranza, la frustrazione, il moralismo, la saccenteria e la pedanteria del punto uno in ognuno di noi. Siamo repressi, moralisti e corrotti. Ipocriti e contraddittori, crediamo di essere più onesti e virtuosi degli altri, puntiamo il dito verso la pagliuzza nell’occhio dell’altro senza vedere la trave nel nostro illudendoci di essere buoni e giustificando le nostre azioni.
Ostentiamo l’opportunismo, la fraudolenza, il narcisismo, l’esibizionismo e il fanatismo del punto tre in ognuno di noi. Recitiamo ruoli di cui non siamo coscienti, rigonfiamo i nostri successi, ci sfasciamo di lavoro, crediamo che il valore sia la quantità di ammirazione che riceviamo. Siamo inaffidabili, vendiamo scatole vuote illudendoci della nostra superiorità.
Agiamo la manipolazione, la monopolizzazione, il raggiro, l’invadenza, la presunzione, l’autocompiacimento del punto due in ognuno di noi. Inganniamo noi stessi riguardo alle nostre vere motivazioni, siamo egoisti, egocentrici e pensiamo solo al nostro tornaconto. Ci sentiamo in diritto di essere importanti e meritevoli illudendoci di avere solo buone intenzioni.
Sosteniamo l’individualismo, il vittimismo, la reattività, la volubilità e la complicazione del punto quattro in ognuno di noi. Proviamo disprezzo, delusione e risentimento per il mondo e per la gente. Crediamo che indulgenza per l’instabilità sia rispetto per la diversità. Vogliamo fare e dire quello che ci pare quando ci pare illudendoci che sia essere onesti con se stessi.
Proviamo l’ansia, il sospetto, il dubbio, il cinismo, la difensiva e l’ambiguità del punto sei in ognuno di noi. Cerchiamo affidabilità mentre tradiamo, confidiamo alla cieca nell’autorità mentre la attacchiamo. Obbediamo a regole irragionevoli per paura della punizione. Ci affidiamo a guru ricreativi e maestri raffazzonati illudendoci che risolveranno i nostri problemi.
Viviamo il nichilismo, l’assolutismo, l’isolamento, la chiusura, il distacco e il cerebralismo del punto cinque in ognuno di noi. Siamo nervosi, alienati, isolati da noi stessi, polemici, sopraffatti dagli eventi. Tiriamo conclusioni con estrema facilità e abbiamo punti di vista estremi e radicali. Tagliamo i contatti profondi illudendoci di poter vivere senza.
Sfoggiamo la superficialità, l’avidità, l’inaffidabilità, l’infantilismo, l’instabilità e l’inquietudine del punto sette in ognuno di noi. Vogliamo evitare l’ansia a qualsiasi costo, agiamo in modo impulsivo e coatto, esigiamo soddisfazione immediata a qualsiasi capriccio. Cerchiamo intrattenimento e sovra stimolazione costante illudendoci che ci impedirà di soffrire.
Io non so come dovrebbero andare le cose. So che ogni mattina al risveglio mi chiedo cosa desidero essere e portare nel mondo. Non perché lo voglio cambiare, non saprei neanche come. Ma perché voglio essere con me, con l’altro, con la natura, con la vita. È una decisione.
Non significa voler stare sempre bene o che i conflitti e le difficoltà spariscano. Le difficoltà ci sono sempre e per qualcuno anche molto grandi. Significa piuttosto ricordare nelle proprie cellule che anche dentro a un malessere interiore o fisico, in una difficoltà, in un’esperienza di fine cultura come questa, c’è sempre una scintilla di vita. Che nei conflitti della vita quotidiana c’è la possibilità di comprendersi, che nelle decisioni di ogni giorno c’è uno spazio creativo. È facile dimenticarsene. Più invecchio più comprendo cosa intendesse Gurdjieff quando invitava al ricordo di sé. Più gli anni passano più mi si palesa quanto tutta la vita sia un’opera di ricordo che ha nel corpo la prova dimora terrena.
Chiunque nel nostro mondo occidentale, ma soprattutto chi oggi è in salute e in particolare chi svolge professioni di aiuto, ha una grande responsabilità. E qui mi appello alla saggezza degli istinti risvegliati.
La responsabilità di decidere di dare un ordine alla propria vita intorno a ciò che è sacro. Di essere disponibile a partecipare nel mondo, collegato a tutto e a tutti, di esistere come parte di un movimento di coscienza. Servire il bene comune, qualcosa di più grande della propria vita. Ricordare che tutto ciò che si fa in ultimo non riguarda solo se stessi, ma il risveglio del mondo. Rispondere a una chiamata senza sapere cosa sarà richiesto. Vedere Dio in ogni creatura. Riconoscere che chiunque con cui si entra in contatto ha la capacità di cambiare e di trasformare la vita. Avere cura per se stessi. Nutrire ciò che si ama e si desidera profondamente. Impegnarsi a mantenere accesa la fiamma interiore che fa essere intrepidi e affrontare il pericolo e il rischio di uscire dalle abitudini e dalle convinzioni per amore della verità. Avere una disciplina che sostenga ciò che è vero, la liberazione da catene autoimposte e la realizzazione. Dedicare un luogo e un tempo regolare per la pratica, sostenere equilibrio e chiarezza facendo momento dopo momento ciò che è possibile fare senza procrastinare. Lasciarsi trasformare.
Conoscere noi stessi e i nostri movimenti interiori, comprendere il potere dei nostri pensieri, essere in profondo contatto con il nostro corpo, dedicarci alla nostra evoluzione e trasformazione interiore è per me l’unica via per vivere con un sostegno interiore e una spiritualità vera, profonda, solida e pratica che ci permettono di abbracciare la paura, la rabbia, il dolore di questo tempo, tanto quanto la gioia, l’amore e il mistero della vita.
Senza sapere dove questo porterà.
Maura Amelia Bonanno