È un piacevole dovere dedicare questa newsletter a Franco Battiato, passato ad altra vita lo scorso 18 maggio.
Ovviamente scriverò di lui in relazione all’Enneagramma, offrendo spero qualche spunto per comprendere meglio il tipo cui credo appartenesse, discussione che parecchio ha impegnato i social enneagrammatici in queste due settimane.
Inizio citando un suo commento al programma televisivo L’Isola dei famosi che a mio parere racchiude il nucleo della sua attitudine: “Non voglio sentirmi intelligente guardando dei cretini, voglio sentirmi cretino guardando persone intelligenti”.
Il tratto caratteriale che a me arriva più evidente nelle sue dichiarazioni pubbliche e nelle scelte della sua vita è la sperimentazione motivata dalla ricerca di essenziale. Un’attitudine profondamente Cinque, che certamente molti possono avere, tuttavia non mi modo così assoluto e imprescindibile.
Ma andiamo per gradi nella definizione di tratti puramente Cinque in lui.
L’approfondimento e la combinazione di stili musicali in modo eclettico e molto personale è stata presente già dagli esordi della sua carriera. Ricordo un paio di concerti cui ho assistito una trentina di anni fa da cui sono uscita con il mal di testa. Uno in particolare era un suo gioco improvvisato di suoni elettronici prossimo all’inascoltabile, in cui lui si stava chiaramente divertendo, incurante dei gusti del pubblico pagante.
È Cinque il suo evidente essere stata una persona riservata, intensa, curiosa, mistica, contemplativa e anche intellettualmente arrogante, capace di sfidare pubblicamente opinioni imposte o condivise dalla maggioranza.
Tratti puramente Cinque il suo essere progressista, all’avanguardia, innovativo e dissacrante, che nel contratto con la sua prima casa discografica è stato inserito nel filone di protesta. I suoi primi anni sono viaggi interiori psichedelici e ha accettato per un periodo di scrivere canzoni romantiche solo su richiesta per raggiungere un pubblico più vasto.
L’identità di un tipo Cinque è costruita attorno all’avere idee ed essere qualcuno che ha qualcosa di inusuale, profondo e intelligente da condividere. L’assenza di interesse a esplorare ciò che già si conosce, piuttosto l’attenzione a ciò che è tralasciato, bizzarro, occulto, segreto, impensato, mai sperimentato.
Le aree di esplorazione del tipo Cinque non dipendono dalla validazione sociale. Anzi, se le scoperte sono troppo facilmente recepite significa che sono troppo convenzionali. Nella mia comprensione questo tratto è una sorta di analogo mentale della ricerca di unicità emotiva del tipo Quattro. Qui però si scava nella complessità della comprensione dell’essenza delle idee, dello spazio e del tempo, non nell’oceano delle emozioni.
La sua capacità e riuscita nelle collaborazioni e le sue ondate di denuncia politica da cantautore impegnato nei suoi testi e nelle sue dichiarazioni pubbliche, mi fanno propendere per la Variante Sociale dominante. La passione dell’avarizia e la pulsione sociale possono essere rappresentate da questa sua frase: “Ho un pubblico che mi adora e questo mi dispiace perché devo corrispondere”.
Questa variante di Cinque è la più intellettuale, quella che corrisponde all’archetipo del saggio che vive ai confini della tribù e ogni tanto porta conoscenza segreta. Lui amava parlare di argomenti spessi, interagiva con il pubblico attraverso la condivisione di idee e visioni della vita.
Tutta la sua produzione è stracolma di citazioni colte e riferimenti filosofici. Ne cito solo alcune. Nel brano Frammenti la frase “Che gran comodità le segretarie che parlano più lingue” concordo con chi la vede riferita a una delle figure chiave degli insegnamenti di Quarta Via di G.I.Gurdjieff, la segretaria – o dattilografa – quella figura che Gurdjieff utilizzava per descrivere gli automatismi creati dall’educazione e la necessità di una traduttrice all’interno dell’educazione, l’apparato formatore, o ufficio.
René Guénon e il suo libro Il Re del Mondo danno il titolo al brano in questione.
La voce del padrone può essere quella della coscienza che il pensiero dell’uomo sveglio teorizzato da Gurdjieff deve saper ascoltare. Il riferimento è quello del linguaggio figurato di alcuni insegnamenti orientali abbracciati da Gurdjieff in cui l’uomo è composto di quattro corpi: la carrozza o corpo, il cavallo o sentimenti e desideri, il cocchiere o pensiero e il padrone o Io, coscienza e volontà.
Anche in Segnali di vita ci sono riferimento a precisi concetti della filosofia Gurdjieffiana. Uno per esempio è “Si sente il bisogno di una propria evoluzione, sganciata dalle regole comuni, da questa falsa personalità” che può riferirsi alla differenziazione tra essenza e personalità. Un altro è “Ti accorgi di come vola bassa la mia mente? È colpa dei pensieri associativi se non riesco a stare adesso qui”. Il pensiero automatico o associativo è alla base del Lavoro Gurdjieffiano per ritrovare la presenza, l’essere qui e ora, liberi dalla prigionia del pensiero associativo e automatico.
Ancora Variante Sociale dominante il suo essere socialmente ambizioso e voler essere parte di una elite, nel suo caso artistica. Tipico di questa Variante Cinque il non voler perdere tempo con chi non è in grado di comprendere il suo lavoro. E nell’espressione meno sana l’avere visioni estreme e provocatorie, l’essere anarchici e anche anti-sociali e sviluppare teorie strambe circa la società, cosa che lui aveva.
Il suo più volte dichiarato non interesse per una relazione stabile, la sua repulsione per le relazioni lunghe e non avere mai ufficializzato alcun legame, mi fa propendere per un punto cieco nell’Istinto Sessuale. Citandolo: “Mi vanto di non essere mai stato innamorato” e “La passione è una zavorra che trascina verso il basso, solo un amore su un milione è davvero riuscito”.
Per qualsiasi Variante, l’amore e le relazioni per un Cinque al suo peggio sono impossibili o sono complicazioni e per un Cinque al suo meglio sono presenza totale a se e all’altro senza attaccamento.
Molti suoi testi potrebbero essere confusi con una dichiarazione d’amore, tuttavia si tratta di una ricerca spirituale. La bellissima E ti vengo a cercare interpreta l’incontro con l’altro come un’esperienza che ha lo scopo dell’elevazione. Partendo da un riconoscere le radici fino all’emancipazione dalle passioni terrene grazie a questo incontro.
Anche il famoso brano La cura è lontano dall’essere una dichiarazione romantica e sentimentale, bensì – tra le tante interpretazioni possibili che ne sosno state date – è anche una promessa di amore incondizionato dell’anima verso la parte più fragile di se stessi.
La sua curiosità e percettività da Cinque combinata con il desiderio di esprimere una visione unica e personale mi fanno pensare all’ala Quattro, una sfumatira più emotiva, introspettiva e creativa dell’ala Sei. Si aggiunge a conferma di questa ala ciò che ho indicato prima, la ricerca di una nicchia che ancora non è stata esplorata da altri, qualcosa di davvero proprio. Questa variante è più indipendente e più resistente all’avere strutture imposte, un insieme di passione e distacco, quella che Battiato aveva di un creativo solitario che porta innovazione usando l’immaginazione più che l’analisi.
Grazie a questo suo essere, Franco Battiato è stato forse il cantautore italiano più inconsueto, eclettico e intellettuale in assoluto.
Termino con una sua citazione in onore dell’ambiente enneagrammatico in cui ci troviamo: ”Il vero cambiamento della mia via, il più grande, lo debbo alla scoperta di Gurdjieff. Da solo con un’esperienza da autodidatta avevo scoperto quella che in Occidente si chiama meditazione trascendentale, ma nel pensiero di Gurdjieff vidi disegnato perfettamente un sistema che già avevo intuito e frequentato. Esistono tante vie, quella di Gurdjieff mi era molto congeniale. Una specie di sufismo applicato all’Occidente, all’interno di una società consumistica.”
Maura Amelia Bonanno