Tra le altre esperienze sfidanti del vivere in una società in un periodo di declino ci sono quelle di non potersi più affidare a nulla, di respirare ostilità costante nell’aria e di sentire che le proprie risorse sono minacciate. È tipico dei periodi di fine cultura navigare in un mare di incertezza in cui qualsiasi comportamento è stato sdoganato. In questo clima è reso evidente che il posizionamento è qualcosa di esclusivamente individuale.
In modo particolare da 3 anni mi chiedo incessantemente che senso abbia portare avanti il mio lavoro. Dentro di me si muovono pensieri, emozioni e sensazioni parecchio contrastanti. Li ascolto. Anche se non ho una risposta chiara, come una parte di me vorrebbe, so che ciò che offro di me e della mia esperienza incontra altri esseri con cui ci si sostiene nell’attraversare questa vita e queste prove, con lo scopo comune di liberarsi, di aiutarsi a tornare a casa.
So che tra chi legge ci sono individui che utilizzano le mie parole come possibilità di riflessione, di confronto e di sostegno nella ricerca della propria unica posizione. Non per rassicurazione, non per consolazione, non per passatempo o intrattenimento, non per dose quotidiana di pillole di saggezza.
C’è un livello di umanità che non è soddisfatta dall’illusorio conforto dell’imperversante pensiero magico, dal manipolatorio razionalizzare e giustificare della nuova normalità, dall’arrogante buonismo dei virtuosi della domenica, dal fascino di rassicuranti semplificazioni.
Individui coscienti della paura, della rabbia e del dolore, che hanno più o meno consapevolmente deciso di accogliere la sfida di questo tempo, l’incertezza, appunto.
Sappiamo benissimo che il punto non è cosa succede alla nostra vita, ma come e con quanta libertà interiore o schiavitù affrontiamo quello che succede. Quanto riteniamo che la causa nel nostro stato siano gli eventi e i comportamenti altrui e quanto gli eventi e i comportamenti altrui ci sono sempre benefici al processo di risveglio, perché possiamo conoscere noi stessi e liberarci da illusioni e sofferenza. Da questa prospettiva, tutti gli eventi illuminano ciò che dobbiamo affrontare dentro di noi per riconnetterci con la nostra natura essenziale.
Chi lavora con me sa che i tipi non sono mai stati il fulcro di attenzione della mia ricerca con l’Enneagramma, prediligendo piuttosto i punti, i centri e gli istinti. In modo particolare in questo momento storico secondo me i nove tipi non sono proprio il luogo dell’Enneagramma delle personalità che meglio ci sostiene.
Trovo più interessante e utile ricordare che nell’Enneagramma delle personalità i punti del triangolo interno rappresentano sia i fattori responsabili sia le fasi del processo archetipico di perdita di contatto con la nostra natura fondamentale o essenziale e il simultaneo sviluppo di una struttura dell’Io.
Il punto Nove è il principio fondamentale che avvia lo sviluppo dell’ego, la perdita di coscienza della nostra natura essenziale che chiamiamo addormentamento. Uno stato di ignoranza e oscurità in cui siamo identificati con i nostri corpi e con l’essere separati, anche interiormente.
Il punto Sei è il principio dell’inevitabile terrore che ne consegue, la paura di non sopravvivere, di smettere di esistere. Uno stato di ansia in cui siamo costantemente minacciati e pericolosamente a rischio.
Il punto Tre è il principio della derivante persona che crediamo di essere, l’immagine di sé che presentiamo al mondo. Uno stato di auto-inganno in cui siamo noi stessi solo con determinati pensieri, emozioni e sensazioni.
Quando smettiamo di risolvere questi stati interiori cercando di ottenere qualcosa dall’esterno ci rendiamo conto che gli eventi e i comportamenti degli altri illuminano proprio queste tre esperienze.
Ci imbarchiamo in un processo ripetuto di movimento attraverso le strutture della personalità rappresentate dal Punto Tre, attraverso lo strato di paura rappresentato dal Punto Sei e attraverso il vuoto e la separazione rappresentante dal Punto Nove.
Quando la tendenza sociale è quella della distrazione, della disattenzione, del disimpegno, dell’indifferenza, dell’adattamento patologico, della mancanza di rispetto, dell’aggressione passiva, della rabbia, delle promesse non mantenute, dell’occupazione in attività futili, del buonismo, del fatalismo, del rifugiarsi in paradisi artificiali, delle soluzioni magiche, ecco che abbiamo la possibilità di conoscere e possibilmente nutrire con l’Amore il nostro proprio senso di separazione interiore.
Quando la tendenza sociale è quella dell’ambivalenza, dei messaggi ambigui, misti e contraddittori, della confusione, della lamentela, del pessimismo, della difensiva, del sospetto, del biasimo, della reattività, della divisione tra amici e nemici, dell’assolutismo, dell’ideologia, del cinismo, del sarcasmo, dell’allarmismo, dell’emergenza, della paura, dell’ansia, ecco che abbiamo la possibilità di conoscere e possibilmente nutrire con la Fede il nostro proprio senso di terrore.
Quando la tendenza sociale è quella della promozione di se stessi, dell’impressionare gli altri, dell’ottenere attenzione, della finzione, della fraudolenza, dell’essere premeditati, calcolatori e disonesti, dell’arrivismo, dell’arroganza, del disprezzo, del narcisismo, dell’insolenza, dell’umiliazione, dello sfruttamento, dell’opportunismo, della competizione, ecco che abbiamo la possibilità di conoscere e possibilmente nutrire con la Speranza il nostro proprio inganno.
Amore, Fede e Speranza sono elementi imprescindibili per compiere il viaggio verso casa navigando nel mare dell’incertezza. E compiere il viaggio verso casa è elemento imprescindibile per scoprire Amore, Fede e Speranza.
Maura Amelia Bonanno