C’è uno spazio in ognuno di noi che vuole avere ragione. Che cerca e trova logiche e sentimenti corrispondenti a ciò che crediamo essere giusto. È un luogo in cui ci riconosciamo e che che ha nomi e cognomi per per persone, cose, eventi e nazioni. E’ ben organizzato e non ha alcuna intenzione di cambiare.
Guardando il mondo da questo luogo, si vedono opinioni, desideri, culture, razze e bandiere e si considera importante avere una posizione e una identità definita in categorie. In questo c’è chi predilige l’opinione e chi predilige il desiderio e che cambia bandiera alla propria identità per affinità politica nel primo caso o per affinità sentimentale nel secondo.
Che si tratti di eventi che accadono a livello mondiale o di eventi che accadono nella sfera intima e privata, ciò che troppo spesso ci dimentichiamo di considerare è quel livello di realtà che va oltre la bandiera colorata e svolazzante che vogliamo ci rappresenti. Quel livello in cui siamo tutti umani e tutti impauriti da ciò che non comprendiamo, che non riusciamo a catalogare con la mente perché non corrisponde a opinioni conosciute e che non riusciamo ad accettare col cuore perché non corrisponde a sentimenti conosciuti. Terrorizzati dal mistero che questa vita è.
Nel quarto capitolo della Genesi, Caino uccide il fratello Abele. I primi due figli dell’uomo dopo la cacciata dall’Eden erano già preda di avarizia e gelosia e già identificabili in buono e cattivo. Da allora non abbiamo mai smesso di ucciderci. Sono cambiate le armi, i numeri, i territori. Dal fratello di sangue, al fratello vicino di casa, al fratello del villaggio confinante, a quello della nazione che si trova in un altro continente. Per continuare a ucciderci a vicenda è necessario continuare a uccidere una parte di noi stessi che accoglie e onora l’essere umani, a ergere una bandiera che rappresenti la parte in cui disperatamente abbiamo bisogno di essere riconosciuti, a diventare quella bandiera per non sentire la paura, la rabbia e la vergogna.
Il paradosso è che non possiamo sfuggire dall’essere umani e dal fatto che paura e distruzione esistono tanto quanto gioia e beatitudine. Anche se una parte di noi desidera ardentemente unione e unificazione, i mezzi che usiamo per ritrovarle non funzionano perché seguono la dittatura della visione soggettiva e le azioni e scelte automatiche e inconsapevoli per soddisfare il desiderio personale. Crediamo che la soluzione sia allearci con chi ha la nostra stessa bandiera, farci forti di opinioni e sentimenti apparentemente condivisi. Peccato che opinioni e sentimenti siano inaffidabili, e che per quanto li sentiamo inossidabili, sono come una zattera traballante in un oceano tempestoso.
È tanto difficile accogliere la parte umana di noi che è egoista, gelosa, avida e distruttiva, che non corrisponde all’immagine meravigliosa che vogliamo avere di noi stessi e che vogliamo riconosciuta e soddisfatta. Sono sempre più convinta che l’ “Amate i vostri nemici” che si legge nel Vangelo di Luca si riferisca all’amare proprio quella parte di noi stessi che non vogliamo vedere e che proiettiamo sull’altro investendolo del ruolo di nemico. Se le cose vanno come vanno, la colpa è di quello che ha la bandiera diversa dalla nostra. Continuare a non volerci riconoscere e conoscere crea una separazione interiore e una separazione dall’altro che rende impossibile quello stato tanto desiderato e piacevole di unità e unificazione. Continuare a passare ore e giorni e anni a pensare, sentire e agire in automatico è sicuramente facile, poco impegnativo e molto più attraente. Fermarci spesso e chiederci cosa motiva le nostre scelte è certamente più costoso perché mette in discussione la zattera delle certezze. Scegliere ciò che unisce è altamente rischioso perché ci fa piombare nel mistero, e riconoscere quanto inconsapevolmente adoriamo il nostro dio personale è quasi impossibile perché ci confronta con una impotenza umana che non vogliamo sentire.
Enneagrammaticamente parlando, posso chiedermi quanto adoro il mio dio potenza personale se sono un Otto, il mio dio falsa pace se sono un Nove, il mio dio giusto soggettivo se sono un Uno, il mio dio amore alle mie condizioni se sono un Due, il mio dio successo personale se sono un Tre, il mio dio che riesco a sentire solo io se sono un Quattro, il mio dio falsa autonomia se sono un Cinque, il mio dio falsa sicurezza se sono un Sei, il mio dio il mio dio falsa libertà se sono un Sette.
Nascosto sotto al meccanico nutrire questi dei nella separazione, ci sono parti di noi che hanno voglia e bisogno di manifestarsi, di vivere, di incontrarsi. Sono qualità che ci sono poco familiari e diverse da ciò che ci immaginiamo di noi. Aspetti di noi senza bandiera, che non necessitano di condizioni ideali, di persone adatte o di eventi speciali. Qualità che ci permettono di vivere qualsiasi esperienza senza fare paragoni, che onorano tanto la gioia quanto la tristezza. Parti che rimarranno in cantina finché teniamo in cantina ciò che le imprigiona.
Come annunciato il mese scorso, questa newsletter è l’ultima di un ciclo durato 3 anni e 3 mesi. Da gennaio 2016 interrompo l’invio regolare di newsletter e la proposta regolare di corsi.
Che la vita ti sia gentile
Maura Amelia Bonanno
“Perdona chi ti ferisce, raggiungi chi ti esclude, fai bene a chi ti ha fatto male e di la verità anche se è contro di te.” – Sayyidina Muhammad s.a.w. –