Scrivo queste righe mentre mi osservo e partecipo a ciò che Dio mi offre come possibilità di crescita in questo periodo, augurandomi che possano essere spunto di riìflessione anche per qualcuno tra voi.
Tanto e sempre più il termine “presenza” ed “essere presenti” è utilizzato negli ambienti della formazione e della crescita personale. Come tutte le parole usate troppo, anche questa rischia di perdere valore e di essere interpretata in modo variopinto. La libera interpretazione è inevitabile, tuttavia credo sia interessante provare a scoprirne un significato che sia aldilà delle personali percezioni.
Nel linguaggio generico, scientifico e tecnico della materia, presenza indica semplicemente l’esistenza in un determinato luogo, controllabile in modo sperimentale. In filosofia la presenza dell’io a sé stesso è la consapevolezza di sé, detta più propriamente autocoscienza.
Come faccio a sapere che sono presente a me stessa? Quando le redini sono in mano al Centro Mentale inferiore, quello del pensiero lineare che stabilisce il giusto e lo sbagliato, il mondo è duale e mi definisco attraverso paragoni: godo del dialogo interno, credo la presenza sia osservare quanto il mondo corrisponde con le mie opinioni. Quando le redini sono in mano al Centro Emotivo inferiore, quello che stabilisce ciò che mi piace e ciò che non mi piace, il mondo è reattivo e mi definisco secondo come mi sento: godo della soddisfazione immediata del bisogno, credo la presenza sia avere emozioni in cui riconoscermi. Quando le redini sono in mano al Centro Istintivo, quello che stabilisce il livello di comfort, il mondo è un ostacolo e mi definisco attraverso lo sforzo per non subirlo: godo del benessere come assenza di malessere, credo la presenza sia l’esperienza sensoriale stessa. Il pensiero isola dalla presenza tanto quanto l’emozione e l’automatismo. Quando una parte prende il sopravvento e quando c’è una scelta, non ci sono libertà né presenza.
Per poter eventualmente riconoscere cosa significa essere presenti è prima necessario tirate fuori il coraggio di abbracciare e accogliere tutta la gamma dell’esperienza umana, non solo quella che rientra negli standard personali e che corrisponde all’immagine di ciò che crediamo vada bene per noi provare. E’ necessario mettere davvero in discussione le nostre opinioni, è necessaria una resa totale e attiva a ciò che accade, essere responsabili di ciò che si pensa, che si prova, che si sente e che si provoca.
In realtà la dimensione della presenza è sempre disponibile, mentre noi continuiamo a portare avanti strategie obsolete per raggiungere una soddisfazione che solo coltivare il terreno per abitare quello stadio può darci. Preferiamo pensare che continuando a fare ciò che abbiamo sempre fatto, a pensare come abbiamo sempre pensato, a reagire come abbiamo sempre reagito le cose andranno meglio. Preferiamo accontentarci cercando di evitare persino di credere quanto liberi, felici, appagati potremmo essere. Preferiamo essere fedeli a un’immagine di come siamo e come dovremmo essere. Preferiamo il riconoscimento dell’altro al nostro.
Ci sono continue possibilità di risveglio e presenza, nella nostra vita. Anche il semaforo rosso può diventare un amico che ci ricorda di fermarci e ritornare a noi stessi. Infinite sono le occasioni per ricordarci di quanti ostacoli mettiamo all’esserci e vivere totalmente, di quanta separazione creiamo in noi stessi e con gli altri, quanti muri innalziamo tra noi e Dio.
Forse, alla fine, presenza è solo e semplicemente il ricordo costante di Dio in ogni mio respiro, nel volto della persona che amo, nel sorriso e nel pianto di un amico, nell’esperienza gioiosa e in quella difficile che mi chiede di crescere e cambiare.
Maura Amelia Bonanno
“Ciò di cui abbiamo bisogno non è un‘ideologia o una dottrina per salvare il mondo. Abbiamo bisogno di un risveglio che possa restituirci la nostra forza spirituale. Ciò che ci manca è la consapevolezza di ciò che siamo, della realtà della nostra situazione. Siamo lanciati al galoppo su un cavallo che non controlliamo più. Abbiamo bisogno di una nuova cultura in cui gli esseri umani siano incoraggiati a riscoprire la loro natura più profonda.” – Thich Nhat Hanh –