Skip links

Newsletter agosto 2015

Ho la deformazione di tendere a leggere qualsiasi tipo di moto come una danza. Che si tratti di moti mentali, emotivi o fisici, tendo a vedere una sorta di corrente, che esiste in ritmi variabili e continui.
In queste danze, riconosco che tutto ciò che siamo accade in pulsazioni, come l’inspirazione e l’espirazione del respiro, come il battito cardiaco, in cui ogni variazione è una oscillazione che ha una contrazione e una espansione, un’entrata e un’uscita, un avanzare e un retrocedere, un sopra e un sotto, un prima e dopo senza cui l’adesso non sarebbe quantificabile.
Fin da piccoli il nostro sistema nervoso impara ad avere dei percorsi preferiti, a muoversi in reazione di attrazione o repulsione tra le polarità. Tendiamo quindi ad avere opinioni e giudizi circa le diverse inevitabili fasi della danza, a valorizzare in modo diverso i momenti e le forme, dimenticandoci che nessun movimento può esistere indipendentemente dagli altri e che tutti sono parte della stessa coreografia improvvisata.
Enneagrammaticamente parlando, tendiamo a percepire e interpretare i nostri stati, sensazioni ed esperienze interiori, il nostro cammino e ritmo, secondo la distorsione cognitiva preferita del nostro Tipo e secondo la pulsione istintiva di cui siamo schiavi o incuranti.
Per esempio, se siamo Tipo Tre oppure Sette o Otto, tendenzialmente ci riconosciamo nella iperazione e nello spingere, e vediamo in cattiva luce il rallentamento e l’introversione, interpretati come debolezza e mancanza, qualcosa che impaurisce e da evitare. Se siamo Quattro, Cinque o Nove più facilmente ci riconosciamo nello spazio interiore e nel ritiro in noi stessi, ci infastidisce tutto ciò che va troppo fuori e in modo troppo disinvolto, interpretato come superficialità, mancanza di contenuto, dispersione. Se siamo Due, Sei o Uno ci riconosciamo nello sforzo e nel sacrificio e non ci fidiamo di ciò che non è sudato e guadagnato interpretato come poco affidabile, ingiusto, immeritato.
L’istinto conservazione negletto vuole che temiamo i rallentamenti e le abitudini, l’istinto sessuale negletto vuole che evitiamo l’intimità con noi stessi e con gli altri, l’istinto sociale negletto vuole che evitiamo di fidarci del sostegno e nella condivisione.
Espansione e contrazione sono percepiti secondo giudizi di valore diversi. C’è chi nella contrazione legge un via dal mondo e chi un verso se stesso. Chi nell’espansione vive un via da se stesso e chi un verso qualcosa. C’è chi automaticamente ha timore dell’inspirazione e chi dell’espirazione, chi ha timore del dentro e chi del fuori. C’è chi ha attaccamento al troppo e chi al poco, chi al vuoto e chi al pieno.
Chi ha ragione? Dalla logica della danza, nessuno, poiché tutti i moti hanno lo stesso valore. Da questa prospettiva, gioia, euforia e felicità sono equidistanti dal centro quanto paura, rabbia, tristezza, disgusto o vergogna. Invece la nostra fissazione cognitiva vuole che abbiamo opinioni decise circa le emozioni, cui quindi si fornisce un valore qualitativo, cosa che porta a pensare all’emozione e quindi emozionarsi dell’emozione invece di viverla.
Ricordo che Don Riso soleva ripetere spesso quanto a definire il Tipo non è ciò che si prova, si pensa e si sente, bensì come lo si gestisce. Questo vale anche per i Livelli di sviluppo: non è ciò che proviamo, che pensiamo e che sentiamo a definire quanto siamo consapevoli di noi stessi, o quanto siamo presenti alla realtà, ma cosa ne facciamo. Non è ciò che viviamo a definire il nostro benessere, bensì come.
Sebbene questo vivere separati interiormente e questo combattimento costante di alcune esperienze dell’esistenza a favore di altre, porti a forti tensioni interne che diventano tensioni fisiche più o meno riconosciute in cui ci identifichiamo, sembra che per l’essere umano sia inevitabile continuare a rifutare e rifiutarsi. Fin dai tempi più antichi, rituali individuali e sociali sono esistiti proprio per tentare di ristabilire un equilibrio tra la tendenza a voler combattere la realtà interiore ed esteriore in nome di un’ideale di perfezione individuale o sociale, e il desiderio e bisogno di arrendersi alla realtà. Forse sotto sotto sappiamo che a un certo punto, tempo fa, abbiamo perso fiducia nella realtà, e che abbiamo desiderio di ritrovarla.
Nella danza della vita, il ritmo scandito da espansione e contrazione cambia continuamente. Abbiamo la possibilità di insistere nella perpetuazione dei pochi movimenti e forme che le convinzioni del nostro Tipo e dei nostri istinti distorti ci permettono e la possibilità di arrenderci al cambiamento di ritmo e tensione.
E’ possibile rendersi conto di queste risposte umane inevitabili e tendere verso un equilibrio, senza rifiutare nulla. Per questo è necessario che siamo gentili con noi stessi e al contempo spietati con le barriere che incontriamo che ci separano da noi stessi e da Dio. Sono necessari volontà e intenzione a rischiare di entrare in moti e forme meno abituali, in territori che spaventano, che sfidano opinioni e valutazioni.
Abbiamo momento dopo momento, nell’improvvisazione della vita, possibilità di abbracciare e arrenderci e a qualsiasi cosa sperimentiamo. E’ la chiave della trasformazione e del benessere. Sappiamo quanto è difficile e anche quanto lo desideriamo.

Mi auguro di incontrarvi sul cammino.

Maura Amelia