Mike Booth, direttore e responsabile di Aura-soma da quasi 30 anni, ha sottolineato la necessità di ricordare e mantenere il più possibile i principi di base del sistema, che può compiere la sua missione solo se ne seguiamo i valori e postulati fondamentali, altrimenti perde credibilità. Vedo applicabile questo concetto a tutti i metodi e approcci incluso l’Enneagramma. E credo anche sia estendibile a tutte le espressioni di noi stessi, ai gesti e alle parole: possiamo compiere la nostra missione solo quando siamo veri, perché più ci allontaniamo da chi siamo, più caos e complicazione creiamo e meno siamo credibili. In fondo, tutti i sistemi che sostengono la consapevolezza e la libertà riguardano il ricordo di sé.
Da un paio di decenni è in grande aumento il numero di persone che si occupano di crescita personale, sociale e anche spirituale che parlano abbondantemente della teoria senza praticarla. Strumenti di liberazione molto potenti come l’Enneagramma finiscono per diventare oracoli, mezzi per fare previsioni e alla peggio venduti come qualcosa di esoterico, per attrarre verso qualcos’altro, per rendere dipendenti, per rafforzare le identificazioni e gli automatismi.
La competizione tra professionisti di sistemi che insegnano armonia e unificazione è enorme, così come la gelosia da parte di chi ci lavora da tanto nei confronti dei nuovi insegnanti. So di cosa sto parlando perché personalmente ho subito bullismo quando anni fa portai l’Enneagram Institute in Italia e anche patito diffamazioni quando aprii in Italia l’affiliazione all’International Enneagram Association. Ho compreso un po’ a fatica che quando si lavora con la luce ci sono molte possibilità che essa illumini il buio e che è difficile esprimere la verità di dove siamo, ma a un certo punto se davvero la nostra intenzione è evolutiva, diventa inevitabile.
Una domanda che come professionisti della relazione di aiuto è bene ci facciamo è come andare avanti a lavorare guardando al positivo invece che a ciò che non va. È bene chiederci spesso quale è il nostro intento, con quale intenzione usiamo l’Enneagramma per esempio, a parte il lavoro su noi stessi. Forse vogliamo trasmettere uno strumento che può fare la differenza nella vita delle persone. Forse vogliamo portare maggiore consapevolezza sul pianeta, aiutare gli altri a essere la migliore versione che possono essere. È bene ricordare che possiamo trasmettere solo ciò che abbiamo davvero compreso e che poco o nulla passa se non siamo presenti a noi stessi. Ricordare di fare davvero connessione con l’altro, invece di analizzarlo, di trasmettere ciò che possiamo senza metterci in posizione di superiorità, di essere chiari ed evitare il più possibile di creare confusione. Solo così possiamo portare alla luce valore e risorse in chiunque incontriamo sul nostro cammino. Chi si avvicina ai sistemi di conoscenza di sé sta in modo più o meno evidente e consapevole chiedendo che la sua anima sia più visibile. Per questo è necessario avere rispetto, non intrudere e ricordare che per qualsiasi cosa emerga è più importante valorizzare cosa significa per lui invece di imporre cosa significa per noi.
Un’altra affermazione molto semplice mi è atterrata dentro: otteniamo ciò che pratichiamo e ciò che pratichiamo momento per momento porta al risultato di ciò che viviamo quotidianamente, le espressioni, i gesti, le parole.
Detto diversamente, se non ci piace ciò che sperimentiamo è necessario che cambiamo ciò che pratichiamo. Possiamo continuare a piantare gli stessi semi, oppure piantarne di nuovi. È un concetto quasi banale e facile da dimenticare quando siamo presi dalla fretta e dall’imperativo del fare, produrre, ottenere qualcosa, come automi.
Questo mi ricorda che abbiamo scelta solo per quanto siamo consapevoli e che il libero arbitrio si guadagna con la volontà di vedere e prenderci la responsabilità dei nostri schemi automatici. Siamo noi counselor, coach, terapeuti, educatori, formatori e insegnanti i primi ad avere la responsabilità di guardare nella nostra ombra, noi i primi a dover andare oltre al riflesso di noi stessi negli altri e riconoscere che siamo il riflesso di Dio.
Accettare se stessi è una qualità del cuore spazioso opposta al giustificare se stessi che è invece una qualità della mente condizionata. La nostra personalità può essere un veicolo di separazione e dolore tanto quanto un veicolo di talento ed espressione di qualità che portano vera libertà e gioia. Amore e paura non possono coesistere nello stesso spazio.
In inglese c’è un modo di dire molto efficace “walk the talk”, che significa mettere in pratica ciò che si afferma. Se sappiamo che ci è richiesto essere impegnati nella relazione di aiuto, attraverso qualsiasi canale e con qualsiasi strumento, sappiamo anche quanto è importante impegnarci per essere integri in ciò che predichiamo e pratichiamo e riconoscere che siamo in cammino come tutti. Se invece siamo tra coloro desiderano avvicinarsi alla conoscenza di se stessi e a un qualsiasi sistema di crescita personale e di consapevolezza, possiamo scegliere di affidarci a chi ci responsabilizza sostenendo la nostra forza e libertà.
Tutti, ogni istante, abbiamo la scelta di stare nella separazione o nell’unione, di essere un veicolo di soggezione o di libertà.
Maura Amelia Bonanno