Perché in un periodo così complicato e provante dovremmo dedicare tempo ed energia all’Enneagramma, e in generale ai sistemi di conoscenza? Questione di priorità. Qualcuno lo ha capito da tempo, che a fare la differenza nella qualità di vita degli individui e del pianeta è la consapevolezza.
Vivere da inconsapevoli può sembrare allettante da chi, all’inizio di un percorso di conoscenza di sé, attraversa la fase più difficile di scomoda e talvolta dolorosa verità su se stessi e sulla realtà sbattuta in faccia. C’è un prezzo piuttosto alto da pagare per quella libertà incorruttibile, per quella serenità incrollabile e per quella gioia di vivere profonda che una volta sperimentate diventa chiaro che sono la conquista più grande e il regalo più bello che possiamo fare a noi stessi.
Questa è un epoca storica che a chi ha già fatto un buon lavoro di consapevolezza permette di goderne i frutti e richiede di sostenere chi ora ha bisogno di iniziarlo, e a chi non si è mai messo in discussione offre la possibilità di iniziare a farlo.
L’Enneagramma è una mappa che – quando utilizzata in modo appropriato – permette di conoscersi meglio, di comprendere dinamiche interiori così abituali da non riuscire a vederle. Schemi di pensiero, di reattività emotiva e comportamento che pur essendosi dimostrati pesantemente fallimentari sono portate avanti comunque e pure difese. E che si riflettono inevitabilmente nelle dinamiche sociali.
L’Enneagramma è una mappa che illustra oltre a 9 tipi di personalità anche esperienze e dinamiche interiori e di relazione che tutta la specie umana vive. In particolare i tre punti agli angoli del triangolo – 3, 6, 9 – sono illuminanti circa le dinamiche distruttive individuali e sociali e circa le qualità che – diventando consapevoli degli schemi distruttivi – possono emergere e alleggerire, nutrire e rendere più soddisfacente la nostra vita. Mi piace immaginarlo come una sorta di treppiedi in cui ogni piede riesce a svolgere la propria funzione solo perché ci sono anche gli altri due. Tre qualità illuminate e tre schemi limitanti che si alimentano l’un l’altro.
Quando si impara a conoscersi e conoscere, il primo “strato” che si incontra è l’ultimo costruito, il Super-Io, il devo. Decreta il giusto e lo sbagliato, valuta secondo i propri valori, ordina e blocca la visione della struttura. Alimenta la falsa speranza che migliorare significa ottenere qualcosa e perpetra il senso di mancanza.
Il punto Nove dell’Enneagramma spiega che sotto a questo c’è l’attitudine meccanica a preservare lo status quo della personalità, a rimanere addormentati a se stessi, a voler vedere solo ciò che fa comodo. Degenera in abbandono di sé e de-personalizzazione, in automatismo disorientato, in dissociazione da se e dal contatto con la realtà di ciò che accade.
È resistenza e intorpidimento alla realtà, dipendenza, trascuratezza, ricerca di agio immediato dettata dalla paura che gli avvenimenti forzeranno a gestire i propri conflitti interiori. È paura dell’annichilamento, della perdita di ciò che fa sentire falsamente sicuri, della separazione da un mondo conosciuto che porta a distogliere l’attenzione in vari modi e rende sordi e ciechi senza che rendersene conto. Qui abitano la rabbia repressa, il fatalismo, la testardaggine e l’ostinata ignoranza, la condiscendenza e la rassegnazione.
Se l’informazione di regime riesce ad attecchire è perché c’è un terreno di questo tipo ad accoglierla. Se non vediamo che il mondo come lo abbiamo conosciuto fino a ora è definitivamente finito è perché l’attaccamento malsano a ciò che ci avvelena è più falsamente rassicurante e perché la sconnessione da se stessi è talmente profonda da arrivare a non essere influenzati dalla propria esperienza.
La perdita di contatto con la propria vera natura è alla base dello sviluppo dell’ego e degli schemi mentali, emotivi e sensoriali che separano, della dualità, della concezione di interiore ed esteriore, di piacevole e spiacevole, della sfiducia. L’ego è fondamentalmente un senso di deficienza, di essere piccoli, impotenti, inadeguati, incapaci e senza valore intrinseco. Vivere in questa dimensione porta inevitabilmente a non essere agenti e quindi non fare ciò che è necessario. Vediamo bene come per molti individui l’informazione scientifica sia ignorata per dare credito all’ipnotica narrativa di regime e come a tanta lamentela anche da parte di chi è convinto di avere capito tutto corrisponda poca azione verso il cambiamento.
La dualità è anche interruzione del senso di sostegno da parte dell’ambiente e porta inevitabilmente all’ansia, alla paura di cessare di esistere, al vivere costantemente con una sensazione di rischio. Il punto Sei parla di come la sconnessione da se stessi porti al conferimento a fonti di sicurezza esteriori, al riferirsi a qualcosa di esterno per avere sostegno e guida, ad ambivalenza e difensiva. È dipendenza da credenze paurose che degenera in proiezioni sugli altri, paranoia, comportamenti irrazionali e autodistruttivi. Velocemente la denigrazione di sé diventa denigrazione degli altri. È timore di essere incapaci di vivere senza sostegno e guida che diventa facilmente sabotaggio del sistema di sostegno degli altri e tentativo di isolarli. Vediamo bene l’effetto del lasciapassare sia su chi lo possiede, sia su chi non lo possiede, e come chi ha scelto di fare la sperimentazione non sopporta che chi non l’ha fatta sia sereno così come chi non l’ha fatta spesso nega la propria paura. L’autoritarismo e la difensiva portano biasimo, accusa e belligeranza.
Vivere in una atmosfera di terrore alimenta fortemente gli schemi reattivi della personalità. Si cerca di ristabilire un equilibrio interiore basandosi su strutture mentali ed emotive che diventano i filtri con cui ciò che accade è interpretato in modo distorto. In pratica invece di rispondere al presente si reagisce al passato motivati da una mancanza. Il punto Tre descrive l’identificazione con questi schemi per avere un senso di se stessi e dell’altro. È rifiuto di sé che diventa inganno di sé e degli altri. È temere di essere indegni e senza valore che porta a voler far sentire gli altri inutili trattandoli con arroganza e disprezzo. È narcisistica considerazione di sé che porta a umiliare gli altri. È dipendenza dalla competizione, dalla ricerca di attenzione e di successo effimero che degenera in malafede, in sfruttamento, gelosia maligna e sadismo. È il regno della propaganda, dell’opportunismo e dell’adottare qualsiasi immagine funzioni per affascinare. Vediamo bene quanta importanza è data al nulla ben confezionato, quante evidenti bugie sono vendute come verità, quante posizioni di responsabilità sono ricoperte da individui che non sono all’altezza ne come uomini, ne come professionisti sentendosi di esserlo.
Non mi stanco di ripetere un concetto fondamentale: ciò che riconosciamo fuori da noi come andamento sociale è esattamente ciò che sta accadendo nelle dinamiche interiori della maggioranza degli individui della nostra specie. Da cui – semplicemente e non facilmente – a nulla serve biasimare gli altri e sperare che qualcosa fuori cambi. L’unica direzione per una trasformazione globale è la consapevolezza individuale.
Per manifestare e nutrire serenità, soddisfazione, coraggio, cooperazione, affidabilità, sostegno, autenticità – le qualità elevate, soddisfacenti, e costruttive descritte dai tre punti agli angoli del triangolo – è assolutamente necessario riconoscere ciò che le limita. E accoglierlo, perché è attraverso il conflitto e la difficoltà che si evolve, come tra due legni si crea il fuoco, e perché è necessario allontanarsi abbastanza da se stessi per avere voglia di tornarci.
Per chi si sente spinto a cambiare come non è mai accaduto prima, questo è il momento di agire un atto d’amore per la vita e chiedere aiuto, aprirsi alla possibilità di scoprire parti di sé sconosciute, anche se non lo ha mai fatto.
Per chi sente questo periodo storico come una succosa opportunità per scrivere una pagina di storia meravigliosa, questi sono i miei suggerimenti. Scegliere intenzionalmente di interrompere ora la condanna di chi ci opprime perché sta svolgendo il suo ruolo di illuminare la nostra tirannia interiore e farci comprendere cosa significa davvero libertà. Interrompere ora il biasimo di chi non vede la manipolazione mediatica globale perché sta svolgendo il suo ruolo di mostrarci la nostra mancanza di fiducia e di spinta verso un auto-riconoscimento e un auto-determinazione che dipende solo da noi stessi. Abbandonare adesso l’illusione che si torni indietro anche solo di una virgola, essere agenti a sostegno della vita e costruire bellezza. Uscire immediatamente dal ruolo di vittima, interrompere ora la lamentela e riconoscere che dove mettiamo la nostra attenzione e la nostra energia è totalmente una nostra scelta.
Tutto, letteralmente tutto, dal moscerino della frutta al premio Nobel ha un ruolo importante e unico, sempre. Che ognuno di noi abbia ora l’ardire di riconoscere consapevolmente il proprio e viverlo.
Maura Amelia Bonanno