I cambiamenti culturali continui sono inevitabili, e quello in atto non è ne più ne meno potente di tanti altri accaduti.
La cultura è ciò che tiene insieme gli uomini ed è fatta di relazioni, ognuna si comprende in ragione delle altre. Tutte le relazioni affettive, parentali, sessuali, di vicinato, commerciali, politiche definiscono la cultura. Sono l’arte, la morale, i costumi e le leggi condivisi che ci fanno sentire parte di una società. Come ci vestiamo, laviamo, cuciniamo, dormiamo, abbiamo relazioni monogamiche ci sembra naturale, ma non lo è. Anche quelli di noi che più si vantano del proprio individualismo, seguono per la maggior parte del tempo un modello che non è di propria fabbricazione. Significa che non possiamo prescindere dalle relazioni e che la nostra autonomia è in realtà molto condizionata, pena l’inesistenza sociale. La cultura è appresa di generazione in generazione e si adatta alle condizioni ambientali mutevoli. In questo processo è evidente la nostra differenza dagli altri animali. L’animale segue l’istinto naturalmente consentendogli la sopravvivenza, l’uomo invece lo deve controllare attraverso la guida della cultura.
In antropologia culturale l’identità dipende particolarmente dalle nostre relazioni con l’alterità. Il termine alterità definisce ciò che è considerato come appartenente all’altro, che non appartiene al proprio sistema. L’altro è lo straniero, ciò che è lontano, ma può anche essere ciò che è vicino e diverso. Una sola diversità può essere molto escludente: sesso, colore della pelle, religione, livello economico, istruzione, provenienza regionale o geografica. Può anche essere alterità per parti di se stessi.
Il riconoscimento reciproco della diversità/somiglianza tra gruppi umani è alla base del processo di inclusione o esclusione reciproca nella nostra specie. Per questo in antropologia è fondamentale il relativismo: azioni strane per la nostra cultura sono normali in un’altra. Ogni cultura deve essere compresa all’interno del quadro simbolico della società che la produce.
Per me l’Enneagramma segue lo stesso principio. Gioia, tristezza, stanchezza, eccitazione, intuizioni sono considerate e gestite in modo molto diverso da tipi diversi e ognuno secondo la propria geografia interiore e secondo il livello di consapevolezza che ne ha. Il tipo, lo schema interiore che definisce il proprio sistema di riconoscimento non cambia, mentre la consapevolezza di tali schemi e sistema del tipo e l’attitudine verso di essi può cambiare.
In quesi ultimi 12 mesi il senso di se e di alterità è profondamente cambiato e sta continuando a cambiare. Quando il cambiamento subisce una accelerazione o è repentino come in questo momento, oltre allo shock c’è anche la possibilità di una accelerazione di consapevolezza. Essere velocemente catapultati in un sistema che non corrisponde alla zona di agio conosciuta del fare è una possibilità enorme di riconoscere quanto siamo a nostro agio nell’essere con noi stessi a prescindere e quanto ci portiamo dentro un senso di alterità, quanto ci siamo stranieri. Rimanendo in questo terreno sconosciuto siamo prigionieri di noi stessi e biasimiamo gli amati, il sistema sociale, i governanti, il vicino di casa, il pericoloso individuo che cammina solitario senza mascherina.
Cosa succederebbe se come mi sento dipendesse da me? Se non avessi più nessuno con cui prendermela per come sto?
L’attivazione di difese interiori all’accadere di un cambiamento che mette in crisi il nostro abituale modo di considerarci è fisiologica. La domanda è: quanto di questa difesa è davvero utile per mantenere un equilibrio emotivo interiore sano e fluido e quanto è invece di impedimento al permettere l’inevitabile transizione verso un nuovo equilibrio e una nuova identità?
Nella mappa dell’Enneagramma un aspetto dello schema di ogni tipo, specificatamente parte della sfera emotiva, del Centro del cuore è quello del Sistema difensivo.
Credo che la comprensione del Sistema difensivo per ogni tipo sia essenziale per vivere le transizioni nel modo meno doloroso possibile sia individualmente per non soffrire più del necessario, sia come parte di una rete di relazioni per non far soffrire inutilmente chi amiamo, sia socialmente per non alimentare separazione e conflitto quando c’è bisogno di sostegno.
Le tre componenti del Sistema difensivo – Immagine di se, Evitamento e Meccanismi di difesa – sono parte una strategia emotiva inconscia utilizzata dagli esseri umani per affrontare situazioni scomode e difficili. Il Sistema difensivo si attiva automaticamente nei momenti di crisi come quella che stiamo vivendo. Lavora per ridurre l’ansia, la tristezza o la rabbia e per mantenere lo schema interiore statico della propria identità. Tutti i tipi dell’Enneagramma utilizzano tutti i meccanismi di difesa, a volte contemporaneamente e volte in momenti diversi, tuttavia a ogni tipo è associato un particolare Sistema che diventa più ovvio quando ha a che fare con problemi difficili.
Quando si lavora con l’Enneagramma la comprensione del Sistema difensivo primario di ogni tipo è una chiave importante per sbloccare la presa della reattività emotiva. Più forte è la difesa inconsapevole più soffriamo mentre siamo convinti di fare il necessario per soffrire di meno. Quando esploriamo le nostre difese possiamo comprendere che non sono sempre necessarie e scoprire che sotto c’è un tesoro di possibilità inesplorate e di risorse reali.
Conoscere il Sistema difensivo permette una più accurata tipizzazione definendo le differenze tra i tipi e una direzione di lavoro di consapevolezza, osservando quando si attivano e come agiscono in noi o nella persona che stiamo sostenendo se lavoriamo negli ambiti della relazione di aiuto.
L’Enneagramma è eccezionale per diventare sempre meno stranieri a noi stessi, per riconoscere che trattiamo alcune parti di noi o determinate esperienze interiori come una alterità. Per fare amorevole amicizia con ciò che di noi stessi senza accorgerci viviamo come pericoloso, come qualcosa da eliminare dal sistema. La relazione con noi stessi è il fondamento di tutte le relazioni. Il primo processo di esclusione/inclusione è dentro di noi e conoscerlo è molto importante per alleviare sofferenze inutili e prolungate.
E se vogliamo davvero comprendere noi stessi attraverso l’Enneagramma dobbiamo abbracciarlo tutto. Quando davvero riconosciamo il nostro tipo, la storia circa chi siamo che normalmente ci raccontiamo va in frantumi. Se questo non accade, se il nostro modo di essere con noi stessi e con le persone non è trasformato non è l’Enneagramma ad avere fallito, bensì siamo noi.
I miei studenti mi hanno spesso sentito ripetere che come trattiamo l’Enneagramma trattiamo noi stessi. È ciò che accade quando oggettivando noi stessi oggettiviamo anche i sistemi di conoscenza.
Se crediamo di conoscerlo bene e che non sia necessario un lavoro continuo di approfondimento, la stessa superficialità la abbiamo nei confronti di noi stessi.
Se crediamo che sia solo un gioco, lo stesso è la nostra vita per noi.
Se lo usiamo per catalogare le persone, altrettanto cataloghiamo noi stessi come oggetti
Se lo usiamo per credere che il nostro modo di pensare, sentire e agire è meglio del modo degli altri, stiamo rifiutando anche molte parti di noi stessi
Se lo usiamo come strumento di potere o manipolazione, manipoliamo noi stessi, non siamo padroni di noi stessi e tantomeno liberi
Se lo trattiamo con superficialità, così trattiamo noi stessi e la nostra vita
Se lo vendiamo come un prodotto, così vendiamo noi stessi
Se crediamo che sia uno strumento magico che sistema tutto senza impegno, abbiamo la stessa illusione nei confronti dei problemi nella nostra vita.
Se crediamo che sia solo una fonte di informazioni utili, con altrettanta freddezza trattiamo noi stessi e neghiamo le nostre emozioni e pulsioni
Sono tutti modi per mantenere un’identità fossile, limitata e falsamente sicura, per difenderci dal realizzare che nulla è fuori da me. Neanche la mappa dell’Enneagramma. Come la vedo è come sono.
Maura Amelia Bonanno