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Newsletter dicembre 2024

Capita anche a voi di vivere fasi di apprendimento e fasi di verifica? Non volontarie intendo, ma offerte dalle situazioni non coscientemente cercate. Nella mia vita ho notato che queste fasi si alternano con una certa chiarezza, assieme a una terza che io definisco di recupero, con tempi indefiniti e non costanti. Proprio nei mesi di ottobre e novembre, dopo una fase di apprendimento durata almeno un paio di anni, ho attraversato una fase di verifica, e dalle avvisaglie credo di avere appena iniziato una di recupero.
Il periodo di apprendimento ha avuto come tema fondamentale il mio istinto sociale negletto. In realtà è da quando conosco l’impatto del mio istinto negletto che cerco di fare attenzione a integrarlo, tuttavia ci sono momenti in cui gli eventi della vita mi evidenzia la priorità. Ho visto come automaticamente sorgeva in me una reazione contro il bisogno fondamentale che l’istinto sociale esprime, spesso con giudizio negativo a riguardo. Ho sentito il pesante zaino dello squilibrio degli istinti e che c’era bisogno di un passaggio di livello importante.  Sapendo che tutto ciò che è stato fino a quel momento non era più sufficiente, proprio come un neonato sperimenta svariate possibilità nello spazio e sulla terra per scoprire come organizzare il proprio movimento così anche io mi sono cimentata in diverse direzioni, rischiando, cadendo, rialzandomi, riprovandoci.

Per tutti, l’istinto negletto è quello considerato inutile e meno nutrito. Occuparsene, attivarlo e gestirlo è particolarmente difficile e richiede intenzione sincera e grande sforzo. Riguarda l’area della vita in cui abbiamo un profondo senso di mancanza e vergogna, cosa che lo rende sgradevole e ci porta a ignorarlo sempre di più peggiorando lo squilibrio con gli altri istinti. Il senso di carenza e incapacità che avvolge questo istinto è fonte di grande paura e pesante giudizio su noi stessi e sugli altri ed è vissuto come una minaccia. 

Se viviamo senza coscienza di come queste forze agiscono in noi, la paura e il giudizio del punto cieco impediscono di intraprendere azioni per migliorare. È una paura molto profonda e spesso indiscussa di lasciarsi prendere da questa energia che non capiamo, che sentiamo poco familiare e minacciosa. Crediamo di poterne fare a meno, di non averne bisogno. Ciò che lo rende un punto cieco è sia la mancanza di comprensione di quanto è importante, sia la luce puntata sempre sull’istinto dominante. Quando siamo catturati nel nostro istinto dominante non vediamo come l’incuranza per l’istinto negletto ha e avrà un impatto negativo su di noi e sulle persone che amiamo. In mancanza di equilibrio, l’istinto dominante e l’istinto negletto sono entrambi nevrotici e fonte di ansia e paura.
So che un indice di Livello di Sviluppo basso si manifesta negli istinti con l’incapacità di modificare le abitudini di vita e di spostare le priorità anche quando gli eventi della vita lo impongono o ci invitano a farlo offrendoci possibilità di cambiamento. Quindi, per il mio equilibrio, ho deciso di dedicargli attenzione, sapendo che non diventerà mai la mia preferenza o qualcosa che desidero fare, ma sentendo profondamente l’importanza di imparare a nutrirlo.

L’istinto sociale riguarda l’appartenenza, l’adattabilità, la reciprocità, il ruolo, il riconoscersi e fidarsi corrisposto, il darsi attenzione vicendevole. È l’istinto a formare legami e affiliazioni, a raggrupparsi per bisogno di sostegno reciproco, a cooperare per sopravvivere. È la capacità di leggere i segnali non verbali e il linguaggio del corpo. La necessità di contribuire personalmente a qualcosa di significativo nel mondo, lasciare un impatto e fare la differenza perché la nostra vita e quella degli altri sia migliore. Questo istinto di sopravvivenza sa che siamo esseri interdipendenti sempre incorporati in un sistema più grande, partecipanti in uno spazio con altre persone anche quando non parliamo. Comunicare è un modo per stabilire legami e vincoli, non importa di cosa si parli, serve per esaminarsi e convalidarsi a vicenda, creare un legame, identificare chi è della propria compagine.

È senso di responsabilità, amicizia, disponibilità, condivisione. Un movimento che conduce all’altruismo e al sacrificio sincero, al fare cose per il bene degli altri, alla capacità di lavorare insieme e di collaborare, al fare squadra anche se si è solo in due legati da un progetto. È la necessità di sentirsi coinvolti nel fare qualcosa di significativo nel mondo, la partecipazione nella comunità: possiamo anche non essere attratti dalla persona con cui siamo in squadra, tuttavia disposti a partecipare per uno scopo e un bene comune.
In questa epoca storica abbiamo chiari esempi di istinto sociale distorto, ossessivo e distruttivo negli esseri umani. Di come sta esprimendo il peggio nell’ideologia, nella guerra, nelle fazioni che si combattono per questioni di opinione, di appartenenza, di classe, di religione, di famiglia o di politica.

In questa fase di particolare attenzione al mio istinto sociale è stato ed è necessario per me ricordarmi di spostare l’attenzione dagli aspetti dolorosi di questo istinto dentro e fuori di me, alla sua bellezza quando è risvegliato: il profondo desiderio di fare la differenza e migliorare il mondo in qualche modo, la capacità di servire il bene comune, la consapevolezza che tutto ciò che faccio in ultimo non riguarda solo me, ma il risveglio del mondo. Il volermi sentire libera e pieni di speranza servendo a qualcosa di più grande di me, rispondendo a una chiamata senza sapere cosa mi sarà richiesto, come sarò usata. Essere disponibile a partecipare nel mondo, adattarmi, cambiare, essere collegata a tutto e a tutti ed esistere come parte di un movimento di coscienza. Riconoscere che chiunque con cui entro in contatto ha la capacità di cambiare e di trasformare la mia vita.

L’istinto sociale negletto crede sia uno spreco inutile di energia preoccuparsi dell’opinione degli altri e fare conversazione senza contenuti di spessore è spesso considerato come fare discorsi “da ascensore”. È negazione della dipendenza dagli altri, credere che le proprie azioni non hanno influenze nel mondo e non cogliere i segnali e i messaggi non verbali delle persone e dell’ambiente. Anche io come chiunque ha l’istinto sociale negletto sono considerata dagli altri come individualiste, come un’isola. Anche io a prima vista tendo a non riconoscere il beneficio, l’arricchimento e la possibile espansione della connessione. Ho fatto e probabilmente ancora farò tanti passi falsi ed errori nel mio modo di comportarmi. Mi sono ritrovata a fingere di avere una connessione sociale, cercando di mantenere le persone a distanza per sentire meno disagio. Spesso non ho capito le reazioni delle persone e questo ha rovinato amicizie e relazioni, un meccanismo auto-rinforzante, umiliante e imbarazzante che in automatico mi ha portato a ritirarmi ancora di più. Ho avuto spesso difficoltà a essere parte di qualcosa, di una squadra in cui partecipare al di là del mio mondo immediato e vicino. Sono uscita dai gruppi con cui non potevo più identificarmi o con cui sentivo la mancanza di partecipazione. Ho sempre vissuto supponendo che l’interazione sociale è complicata e ha un costo personale.

Il timore di essere eterna straniera, emarginata, messa al bando, come non facente parte della comunità umana è arrivato a un livello che mi ha imposto di cambiare. La paura di essere egoista, emotivamente ritardata, incapace di coinvolgermi, di non avere una mano da tendere per riceverne un’altra mi ha portato a un senso di vergogna, inadeguatezza e carenza impossibile da ignorare. Il punto cieco riguarda i comportamenti che più ci disturbano quando li vediamo negli altri. In genere le persone che hanno come istinto dominante quello che per noi è negletto ci irritano e ci ispirano anche pesanti giudizi negativi. Il mio giudizio negativo verso individui con istinto sociale in posizione dominante si è espresso particolarmente a riguardo di ciò che nel mio sguardo era considerato patetico, superficiale e falso, per esempio la gara a chi la fa più lontano sui social media. Ci è voluto un po’ per imparare a sorriderne e per lasciarmi invece ispirare da chi lo vive come dominante.

Ed ecco che nei due mesi passati si sono proposte situazioni in cui ho potuto verificare a che punto sto in questo aggiornamento di livello. E concludo questa newsletter affermando che sono soddisfatta di ciò che ho riconosciuto. Ho vissuto il piacere di saper essere e stare con le persone, di essere capace di fare reali connessioni, di godere del sostegno e della connessione con diversi alleati, di saper collaborare con colleghi e colleghe con cui condividere uno spazio di crescita pulito, sincero e amorevole, di saper gestire i confini quando è necessario in in modo che sento sano ed equilibrato, di possedere conoscenza ed esperienza adeguate per cavarmela anche in situazioni limite.

La sensazione è quella di avere aperto le finestre e iniziato a lasciare uno zaino di pietra. Rimane che questo istinto non è e probabilmente non sarà una mia preferenza, ma goderne in modo nuovo è un’esperienza così fresca e tonificante che mi sento di voler continuare a sfidare l’immagine che ho di me e accogliere il germoglio di questa ancora un po’ sconosciuta parte di me.

Buona transizione verso il nuovo anno.