Eppure abbiamo da millenni filosofie e insegnamenti che ci mettono in guardia dagli estremismi e dal considerare gli opposti come antagonisti. Gurdjieff e Ichazo, i padri dell’Enneagramma contemporaneo, non hanno inventato nulla. Hanno avuto l’intuizione, il genio e l’enorme capacità di riconoscere e sistematizzare insegnamenti millenari in un sistema che rende concetti complessi leggibili e digeribili quasi a tutti, a tanti livelli diversi. Ispirandosi alle grandi tradizioni spirituali, filosofiche e religiose considera gli opposti e gli estremi non come antagonisti, bensì come collaboranti. Ogni cosa può essere buona o cattiva e i due poteri positivo e negativo possono scambiarsi di posto in continuazione. Da una prospettiva gli opposti sono esclusivi e reciprocamente distruttivi perché non possono esistere senza eliminarsi a vicenda, da un’altra uno esiste perché esiste anche l’altro, da un’altra sono complementari e cooperanti, possono reciprocamente trasformarsi e finiscono paradossalmente per coincidere.
Come nei Veda, nel Buddismo, nel Taoismo e in tutte le filosofie attuali che ne sono derivate, anche nell’Enneagramma la base della trasformazione è l’accoglienza della totalità, con i suoi aspetti negativi e positivi e la ricerca del terzo elemento risolutore, la qualità non motivata, l’elemento assente di reazioni positive o negative che si pone oltre il contrasto. E’ l’inclusione della “via negativa” percorsa in virtù del rifiuto di tutto ciò che non è – neti neti, ne questo ne quello – e della “via positiva” complementare alla prima che accetta le cose per quello che sono e non per ciò che si immagina o si spera che siano. L’Enneagramma è un sistema triadico e qualsiasi teoria ci sia presentata che funziona in modo binario non è Enneagramma, è altro.
Nella nostra quotidianità abbiamo un debole per le false certezze, per i preconcetti, per le convinzioni falsamente rassicuranti. L’analisi uccide all’istante ogni naturalezza e nella presunzione della capacità di scorgere il tutto viviamo in una dualità estrema in cui gli opposti sono antagonisti e distruttivi, una posizione da cui è altamente difficile scorgere il terzo elemento armonizzante.
È un viaggio in cui il primo passo è riconoscere gli opposti che governano le nostre posizioni, opinioni, reazioni e scelte dannose. E’ un viaggio a ritroso descritto da tanti racconti mitologici come difficile e arduo, il ritorno a casa di Ulisse, di Parsifal e di tutti coloro che volevano raggiungere il centro dell’Universo. Il labirinto è un bel simbolo delle vicissitudini che si devono sopportare per raggiungere il Centro che unisce tutte le cose, la riconciliazione degli opposti, il far ritorno alle proprie radici. E’ la Divina dimora dell’Islam, il Regno dei Cieli Cristiano, l’Ain Assoluto incomparabile dell’Ebraismo, l’Ishvara dell’Induismo, il Grande infinito Ta T’ung del Taoismo. Una philosophia perennis in cui tutte le religioni parlano la stessa lingua. L’Enneagramma si inserisce proprio qui, anche nel suo utilizzo più superficiale, a mostrarci come quanto più un qualsiasi essere si trova fuori dal centro, tanto più grande è il disordine e lo squilibrio sia mentale, sia spirituale.
Gli opposti interiori di ogni Tipo possono essere numerosi. Ognuno può oscillare tra l’essere comandato dalla reattività emotiva dominante della propria triade o dall’opposizione a essa, una contro-reazione inconscia. Oppure può essere spinto dal proprio istinto dominante e rifiutare fortemente il negletto creando forti conflitti anche esteriori. Può inoltre essere ciecamente guidato dall’ombra chiusa in cantina ed essere convinto di fare la cosa giusta mentre in realtà si sta solo allontanando da stesso e da chi ama. Altra opposizione/conflitto nasce tra due centri di Intelligenza quando ne valorizziamo uno escludendone un altro.
La teoria dei Livelli di sviluppo di Riso-Hudson è una genialata perché considera che lo scambio di opposti accade da un livello all’atro sia verso l’alto sia verso il basso. La mia comprensione è che ciascuno dei nove tipi dell’Enneagramma inizia a vivere nella dualità già a Livello di sviluppo 2, quando nasce un’immagine di sé cui da quel momento si sforzerà di corrispondere, la prima imitazione di se stessi e l’inizio di una separazione interiore tra ciò che siamo e ciò che cerchiamo di essere. Ad alimentare la separazione è la paura, o meglio il gioco tra paura di perdersi e desiderio di ritrovarsi e il conflitto aperto interiore inizia quando nel tentativo disperato di recuperarci iniziamo a valorizzare e dare la precedenza a uno dei tre centri di intelligenza mentre ne escludiamo un altro. Quando questo accade, tra Livello 3 e Livello 4, se non ce ne rendiamo conto si mette in atto un circuito chiuso tra due forze che senza la terza non può trovare fine.
Molto brevemente se sono un Tipo Uno, Due o Sei escludo la funzione mentale e finisco in un circuito tra sentire e agire che mi rende irragionevole e mi fa sentire giustificato per tutto ciò che provo e che faccio. Se sono un Tipo Tre, Sette o Otto escludo la funzione emotiva e finisco in un circuito tra pensare e fare che mi indurisce e mi fa mancare di rispetto e ferire me stesso e chi amo. Se sono un Tipo Quattro, Cinque o Nove escludo la funzione motoria e finisco in un circuito tra sentire e pensare che mi immobilizza o mi fa agire in modo inappropriato.
Per ogni Tipo e per ogni Livello di sviluppo ci sono tantissime cose da scrivere e da dire, tanti aspetti mentali, emotivi e comportamentali che è possibile riconoscere in se stessi e negli altri da quando questo processo parte a come si sviluppa e si mantiene a come possibilmente osservandolo si scioglie.
Ritengo che i “centri strapazzati” e la “pila istintiva” formano le fondamenta dello schema della nostra identità distorta ed è per questo che molto del lavoro con l’Enneagramma che propongo è fondato su di essi. Quando nella nostra esperienza evochiamo e includiamo tutti e tre i Centri di intelligenza, inizialmente sentiamo una minaccia a ciò che crediamo di essere. Fa paura e fa scattare un salvavita difensivo che ci riporta al senso familiare conosciuto e ristretto di noi stessi. Si parla tanto di cambiamento interiore e sappiamo quanto in pratica sia difficile. Spesso se ne parla come se dipendesse solo da noi, mantenendoci schiavi di un’illusione di potere distorto, in cui siamo completamente padroni della nostra vita. Credere che i cambiamenti dipendano solo dalla propria forza di volontà nutre frustrazione, giudizio, attaccamento a un’immagine di sé irreale, sensi di colpa e rabbia. E’ un lavoro difficile da fare da soli. Avere affianco qualcuno, dei compagni di vita e di viaggio che con fiducia ci sostengono nel riconoscere le trappole in cui cadiamo e nel fare emergere le parti migliori di noi è necessario ed è un regalo immenso. Come sarebbe diverso se come esseri umani invece di nutrire la paura che ci mantiene lontani ci aiutassimo a vicenda a tornare a casa? Troppo semplice per essere facile.
Citando Thomas Stearns Eliot, è necessario percorrere una lunga strada, attraversare molte difficili situazioni, per trovare infine un luogo dal quale non ci si era mai mossi: “La conclusione di tutte le nostre ricerche sarà di arrivare dove eravamo partiti e di conoscere il posto per la prima volta.”
Maura Amelia Bonanno