il problema non è avere un tipo o uno schema caratteriale, perché tutti siamo narcisisticamente identificati con ciò che ci intrappola, bensì credere di essere quello schema, viversi come una serie di percezioni, comportamenti, pensieri e reazioni apprese, automatiche e abituali vissute come normali. A definire il nostro tipo non è ciò che proviamo, ma come tendiamo a interpretare e gestire ciò che proviamo. Tutti possiamo essere felici, tristi, arrabbiati, allegri, preoccupati, contenti, dolci o aggressivi. Così come a indicare la nostra consapevolezza del momento non è quanto bene o male ci sentiamo, ma quanto è ampia o ristretta la prospettiva da cui riconosciamo e viviamo il nostro stato interiore. Per questo quando vogliamo identificare il nostro tipo o quello di un’altra persona è molto importante non basarci sul comportamento, bensì guardare la motivazione sottostante a tale comportamento, chiederci che cosa si sta difendendo e per cosa è richiesta attenzione.
L’insegnamento dell’Enneagramma delle personalità originale di Oscar Ichazo sostiene che ognuno di noi filtra gli impatti della prima infanzia attraverso specifiche lenti. A.H.Almaas descrive in modo eccellente come le inevitabili prime esperienze di mancata soddisfazione dei bisogni fondamentali da parte dell’ambiente di contenimento e sostegno portano alla perdita graduale di percezione della dimensione profonda e spirituale della realtà. Abbiamo un nervo sensibile attraverso cui gli impatti della prima infanzia sono filtrati e che direziona la costellazione interiore peculiare per ogni tipo.
In altre parole, la nostra visione della realtà forma il modo in cui proviamo le emozioni e conseguentemente agiamo o non agiamo. Questo approccio va molto più in profondità rispetto alla comprensione convenzionale della dinamica psicologica che mette in relazione gli schemi della psiche solo con l’esperienza formativa dei primi anni di vita.
Don Riso e Russ Hudson chiamano la perdita dell’esperienza dell’Essenza e l’inizio dell’ipnosi della personalità “Catastrofe Originaria”, una caduta dalla grazia, una cacciata dal paradiso sperimentata come qualcosa di fondamentalmente sbagliato e negativo, la sensazione di qualcosa di terribile che è successo senza sapere esattamente di cosa si tratti. Quindi la personalità ha come nucleo un abbaglio, un’assenza, un senso del sé costruito attorno a un vuoto. Le Qualità essenziali tanto preziose per cui siamo sensibili e che vogliamo recuperare diventano condizionali e localizzate fuori da sé.
È inevitabile che quando siamo identificati con essa sperimentiamo un senso di deficienza che poi nella vita quotidiana imputiamo a varie cause caratteriali o esterne, ma che in realtà è l’ego stesso.
La Catastrofe Originaria del tipo Nove, la perdita dell’esperienza diretta delle Qualità Essenziali di totalità e armonia, è vissuta come senso di frammentazione interiore, di inferiorità e di non essere amabile. Una grande separazione da tutto ciò che è buono, piacevole e Uno. L’amore e la bontà non sono più riconosciuti sempre e ovunque.
La Catastrofe Originaria del tipo Sei, la perdita di esperienza diretta delle Qualità Essenziali di risveglio e guida, è vissuta come non avere terreno sotto i piedi, essere abbandonati, traditi, scossi, irrequieti, impauriti e vulnerabili. La fede e la fiducia non sono più sempre e ovunque.
La Catastrofe Originaria del tipo Tre, la perdita di esperienza diretta delle Qualità Essenziali di valore e realizzazione, è percepita come perdita del proprio senso di preziosità e splendore, come un vuoto interiore profondo e terrificante. Il valore e la gloria non sono più sempre e ovunque.
La Catastrofe Originaria del Tipo Uno, la perdita di esperienza diretta delle Qualità Essenziali di allineamento e integrità, è vissuta come un proprio senso di mancanza che rende incapace di mantenere l’allineamento e l’equilibrio. L’essere tagliati fuori da ciò che è sentito giusto e buono è vissuto come un crollo, una caduta dalla grazia in cui tutto appare disordinato, incivile e bestiale. L’integrità e l’ordine non sono ovunque e in ogni momento.
la Catastrofe Originaria del tipo Quattro, la perdita di esperienza diretta delle Qualità Essenziali di identità e profondità è vissuta come il proprio essere separati dal senso e significato unici, deprivati del centro, abbandonati da Dio in una vita stantia e stupida, senza la ricchezza della sua individualità. L’intimità e la profonda connessione con se stessi e la vita non sono più sempre e ovunque.
La Catastrofe Originaria del tipo Due, la perdita di esperienza diretta della Qualità Essenziale di connessione e cura, è vissuta come un proprio essere senza connessione, dolcezza, delicatezza, in un profondo vuoto senza amore. Il nutrimento del cuore non è più sempre e ovunque.
La Catastrofe Originaria del tipo Otto, la perdita di esperienza diretta delle Qualità Essenziali di immediatezza e potenza, è percepita come un vero e proprio essere castrati e privati del potere, derubati della forza vitale e di tutto ciò che è reale. Senza la percezione dell’unità fondamentale di tutta l’esistenza c’è dualità e perdita di unità e di completezza. La forza e la vitalità non sono più intrinseche e in ogni momento.
La Catastrofe Originaria del tipo Cinque, la perdita di esperienza diretta delle Qualità Essenziali di illuminazione e conoscenza, è vissuta come il proprio non essere più in grado di sapere nulla, una separazione da tutto che è conoscibile e riconoscibile, incapaci di capire cosa sta accadendo. Ci si sente confusi, incompetenti, ingenui, ignoranti, inutili, sopraffatti da un fagocitante “Non lo so” ed estremamente vulnerabili. La vita è incomprensibile e la chiarezza non è più sempre e ovunque.
La Catastrofe Originaria del tipo Sette, la perdita di esperienza diretta delle Qualità Essenziali di libertà e completezza, è vissuta come un proprio essere tagliato fuori dalle possibilità illimitate, dalla leggerezza e dalla gioia. Ci si sente costretti, trattenuti via da ciò che realmente si ama, senza novità, possibilità, sorpresa e creatività. La libertà e la gioia non sono più intrinseche e in ogni momento.
Ognuno dei nove tipi ha una dote di nascita che non può fare a meno di desiderare di portare nel mondo, una capacità naturale la cui dimenticanza o mancata espressione causa frustrazione e sofferenza. Renderci conto di come e quanto imitiamo queste qualità illudendoci che questa falsa versione sia la nostra vera verità è un semplice e difficilissimo passo verso noi stessi.
È necessario renderci conto di quanto viviamo nel “come se”. Un’espressione oggi molto utilizzata che nella mia comprensione mantiene e alimenta il senso di separazione interiore e la sofferenza.
Chi frequenta i corsi che conduco sa quanto posso essere fastidiosa con l’utilizzo delle parole. Una delle prime richieste che faccio è quella di eliminare il “come se” per scoprire il proprio sentire, riappropriarsi della propria esperienza e ritrovare un luogo di quiete o partenza per se stessi. È una forma di legittimazione e responsabilizzazione.
Il “come se” rafforza il trattarsi da estranei, mantieneil senso di separazione e di assenza, il conflitto interiore, il senso del sé costruito attorno a un vuoto. Indebolisce, incatena in una percezione meccanica, prevedibile e stantia. Uccide la creatività e la spontaneità.
Il “come se” è un rifiuto non solo della propria esperienza interiore del momento, ma di tutta la condizione umana. La negazione del fatto che abbiamo un vissuto di Catastrofe e ci sentiamo cacciati dal paradiso. Che cerchiamo di recuperare il senso di completezza, gioia, chiarezza, profondità, bellezza, serenità, integrità, valore, forza, connessione, valore, pace. Che crediamo ci sia portato via dalla vita quotidiana, da chi abbiamo o vorremmo e non abbiamo affianco, dai genitori, dai figli, dalla politica, dal datore di lavoro, dal collega o dal vicino. Dal troppo caldo o troppo freddo. Come cambia la mia esperienza di me, se per oggi mi esprimo senza “come se”?
Eliminare il “come se” è un piccolo passo che permette di sperimentare consapevolmente e conoscere l’inevitabile vuoto ontogenetico e abbracciarlo. Permette la speranza di ritrovare nell’esprimere ogni relativa verità del momento il senso di esistere, di essere e tutta la meraviglia, la bellezza e la potenza di ogni istante che viviamo.
Maura Amelia Bonanno