Sappiamo che uno degli aspetti della mappa dell’Enneagramma è quello di rappresentare archetipi, specificatamente come intesi nella concezione della tradizione platonica.
Generalmente abbiamo più familiarità con la versione della psicologia analitica di C.G. Jung, in cui l’archetipo è un contenuto dell’inconscio collettivo che determina la tendenza a reagire e a percepire la realtà secondo forme tipiche costanti che dipendono dal gruppo culturale o dal periodo storico. Non è di questa interpretazione che parla l’Enneagramma. Nella tradizione platonica gli archetipi non dipendono dalle contingenze, bensì sono qualcosa di molto più profondo e impersonale, sono gli eterni e trascendenti modelli delle cose espressi dalle “Idee”, sono un’essenza primordiale e sostanziale, fondamento ontologico e gnoseologico della realtà.
Si tratta di due versioni del concetto di archetipo molto differenti, cosa che è importante ricordare quando vogliamo lavorare con la nostra mappa.
Il termine “idea” ha oggi nel linguaggio comune il significato ristretto di entità mentale, di contenuto del pensiero, di rappresentazione di un oggetto nella mente, di nozione. Mentre nella filosofia platonica l’Idea non è un concetto, bensì è una “forma” che designa le uniche e vere realtà eterne, fuori del tempo e dello spazio. L’Idea è ciò che fa essere il mondo e che ci permette di pensarlo, è oggetto di scienza ed è contrapposta al mondo sensibile che di quella è pallida immagine.
Quando esploriamo i tipi dell’Enneagramma ricordiamoci che abbiamo a che fare con quella pallida immagine, con il delirio di onnipotenza della macchina che cerca di ricreare senza successo l’esperienza di quell’archetipo trascendente. Ricordiamoci che il nostro tipo non descrive chi siamo, ma chi crediamo di essere. Descrive la falsa personalità.
Per Platone il Tutto esistente è diviso in due mondi: il mondo delle Idee, perfetto, immutabile ed eterno contrapposto al mondo della materia, corruttibile e in continuo divenire. Le Idee pre-esistono alla materia mentre il mondo sensibile e le cose che lo compongono è una derivazione e copia imperfetta di quella realtà trascendente. Le realtà celesti sono eterne e perfette, mentre quelle terrestri sono al livello di povere immagini, prive di consistenza propria, ma ricche di riflessi ideali nelle forme che continuamente ricevono.
Nella nostra realtà soggettiva ci sono cose belle o giuste, mentre le Idee rappresentano Bellezza e Giustizia: per esempio una bella persona o una bella casa non sono la Bellezza.
Platone si domanda come l’uomo possa accedere alle Idee e ricorre alla dottrina della reminiscenza affermando che la nostra anima, prima di calarsi nel corpo, è vissuta nel mondo delle Idee di cui quindi conserva un addormentato ricordo. Grazie all’esperienza delle cose che fanno da pungolo per la memoria, l’anima ricorda. È perché già possediamo l’Idea di Bellezza che possiamo designare belli alcuni oggetti o esperienze. Ed è grazie al percepire belli alcuni oggetti o esperienze che possiamo ricordare la Bellezza e a essa tendere. Platone afferma che “Conoscere è ricordare”
Con il neo-platonico Plotino le Idee diventano molteplici, infinite sfaccettature dell’unico Intelletto, veicolate dall’anima in ogni elemento del mondo sensibile. Plotino le considera forze, sorte di caratteri genetici che plasmano gli organismi dall’interno, secondo un fine prestabilito.
In Enneadi – la sua opera principale – l’Uno è il fondamento di tutto ciò che esiste, l’elemento unificante presente in natura, che è di per sé, e al quale tutte le variegate manifestazioni di esso nel mondo materiale fanno capo. L’Uno emana il mondo e spiega perché esso esiste, proprio come il sole emana luce e calore, ma senza mai esaurirsi, modificarsi o alterarsi. Questo cerchiamo quando lavoriamo con l’Enneagramma.
Questi concetti si diffusero dalla Grecia e dall’Asia Minore verso sud attraverso la Siria e infine fino all’Egitto. Lì furono abbracciati dai primi mistici cristiani conosciuti come Padri del Deserto che si concentrarono sullo studio della perdita delle Forme Divine nella coscienza dell’ego. I modi particolari in cui queste forme divine furono distorte divennero noti come i sette peccati capitali: rabbia, orgoglio, invidia, avarizia, gola, lussuria e accidia. Come nel corso dei loro viaggi dalla Grecia all’Egitto nel corso di un secolo le nove forme originali si siano ridotte a sette peccati capitali rimane un mistero.
George Ivanovich Gurdjieff all’inizio del secolo scorso ha introdotto il simbolo nel mondo moderno. Lo insegnava principalmente attraverso delle danze e coreografie che permettevano l’armonizzazione dei Centri e l’esperienza diretta dei processi rappresentati dal simbolo. Parlava del fulcro fondamentale della struttura dell’ego negli individui e generalmente usava un linguaggio colorito per descrivere la caratteristica principale di una persona, ma non ha mai insegnato nulla riguardo a un sistema di comprensione del carattere legato al simbolo dell’Enneagramma.
Secondo Gurdjieff l’Enneagramma è il geroglifico fondamentale di un linguaggio universale. L’uso della parola geroglifico da parte di Gurdjieff, ovviamente, indica l’Egitto ed è interessante considerare la corrispondenza con le nove emanazioni della divinità stabilite a Heliopolis nel primo periodo dinastico come parte dei miti della cosmogonia o della creazione.
Gurdjieff affermava che il tratto caratteristico dell’uomo moderno è l’assenza di unità in se stesso e che non è in grado di sviluppare completezza perché ha molti io – non solo 9 – che coltivano l’ego invece dell’essenza. Vivere attraverso l’ego dà un falso senso della realtà poiché dirige le vite sono verso l’esterno. Gurdjieff sosteneva che il l’ego cambia velocemente quanto i pensieri, i sentimenti e gli stati d’animo e che siamo soggetti a un enorme errore se crediamo di essere sempre gli stessi.
Siccome utilizzava pratiche connesse con la tradizione sufi, molti hanno erroneamente attribuito il sistema dei nove tipi a Gurdjieff o ai Sufi ed è nata la diffusa ed errata convinzione che l’Enneagramma sia stato tramandato dai Sufi o da qualche altra scuola antica come una continua tradizione orale. Da qualche anno sono anche offerte dubbie proposte di insegnamento di questo presunto “Enneagramma sufi”.
È stato Oscar Ichazo nella seconda metà del secolo scorso a vedere l’Enneagramma come un modo per esaminare i dettagli della struttura dell’anima umana e in particolare i modi in cui le qualità dell’Essenza vengono distorte o contratte in stati di ego. In particolare, il brillante lavoro di Ichazo è stato quello di scoprire come le Forme Divine platoniche e le loro corrispondenti distorsioni si collegassero al simbolo dell’Enneagramma e ai tre Centri.
Dei 108 Enneagoni proposti da Ichazo, l’utilizzo popolare dell’Enneagramma attuale si basa solo su quattro di essi: l’Enneagramma delle Passioni, l’Enneagramma delle Virtù, l’Enneagramma delle Fissazioni e l’Enneagramma delle Idee sacre.
Sia il Lavoro proposto da Gurdjieff, sia gli Enneagoni di Ichazo contengono anche componenti di sufismo, ma non più di quanto contengano elementi di filosofia greca, di giudaismo mistico, di cristianesimo, di Islam, di taoismo e buddismo. Evidente nella proposta di Ichazo è anche per esempio l’insegnamento cabalistico secondo cui tutte le anime umane sono “scintille” che emergono da sfere o emanazioni dell’Albero cabalistico.
Le imitazioni della Falsa personalità non potranno mai essere uguali al modello della Vera personalità. E questa è una buona notizia. Nel riconoscere il “falso” delle caratteristiche individuali del tipo, delle sue opinioni, reazioni e percezioni soggettive, possiamo ricordarci dell’essenza primordiale e sostanziale di chi siamo.
Nel riconoscere come imitiamo macchinosamente le qualità essenziali, nella pratica di eliminazione dei movimenti parassiti, possiamo scoprire che il il pacifismo non è Pace, il perfezionismo non è Perfezione, l’altruismo non è Generosità, il successo non è Valore, l’originalità non è Unicità, la sapienza non è Conoscenza, il credere non è Fede, la gratificazione non è Gioia, l’eccesso non è Forza.
Possiamo portare alla luce che il motivo per cui avviene una cosa è il suo fine stesso e che gli uomini sono tanti ma l’idea di uomo è una sola.
Quindi, quando si lavora con l’Enneagramma a qualsiasi livello, che sia in ambiento spirituali o situazioni private o contesti aziendali e organizzativi, se vogliamo che non alimenti e rafforzi l’addormentamento e che porti da qualche altra parte fuori dall’oblio, è necessario che chi lo utilizza ricordi e abbia coscienza delle sue radici. Che esse siano esplicitate o meno, che siano oggetto di insegnamento diretto o sostegno invisibile alla trasmissione.
L’Enneagramma non appartiene al mondo della psicanalisi, e anche se ormai è diventato un mandala New age ed è ridotto a un insieme di formule semplificate, il suo originale proposito è sacro.
Conoscere è ricordare.
Maura Amelia Bonanno