Desidero dedicare questo mese ad alcune riflessioni circa la strettissima connessione che l’Enneagramma ha con l’antropologia culturale.
Inizio facendo chiarezza su alcuni termini spesso utilizzati in modo automatico e inconsapevole in ambito enneagrammatico per definirlo.
Qualificarlo come un sistema è inesatto, poiché in realtà è una mappa ed è applicabile alla lettura delle dinamiche di qualsiasi sistema, a qualsiasi unità considerata un tutto costituito da diversi elementi reciprocamente interconnessi e interagenti tra loro, a soggetti, oggetti, entità o situazioni che evolvono.
Altresì presentarlo come metodo è scorretto perché non è una tecnica o una scienza le cui informazioni possono essere immediatamente tradotte in azione, bensì ha necessità di essere sostenuta da un metodo per essere tramutata in conoscenza diretta.
E ancora, considerarla una mappa psicologica è parziale poiché significa relegarla a un ambito che è solo una delle possibili applicazioni. Il suo utilizzo per analizzare i fenomeni e i processi psichici è certamente molto fruttuoso, tuttavia l’Enneagramma contemporaneo è stato sviluppato da un antropologo, Oscar Ichazo, con un approccio chiaramente basato sull’antropologia culturale, sullo studio del genere umano in cui l’area psicologica è solo una parte.
In cosa la mappa dell’Enneagramma ha un orientamento e necessita di un approccio antropologico?
Fare antropologia significa innanzitutto voler affrontare l’incontro con esseri umani che hanno abitudini e concezioni del mondo diversi dai propri, coniugando le conoscenze teoriche della disciplina con la personale esperienza di osservazione, riflessione e ricerca. Lo scopo dell’antropologia non è quello di stilare l’elenco della varietà – così come lo scopo dell’Enneagramma non è quello di fare catalogazioni e diagnosi – ma quello di insegnarci a comprendere la variegata, affascinante, problematica, complessa, e spesso insondabile, multi-dimensionalità della vita umana per scoprirne somiglianze e differenze, intrecci e lontananze.
L’antropologia, in quanto studio del genere umano, non pretende di insegnare a nessuno come comportarsi tantomeno usare le conoscenze elaborate per dominare, opprimere, discriminare o sfruttare. Lo stesso vale per l’utilizzo adeguato dell’Enneagramma.
Pensare antropologicamente è qualcosa che si può fare solo se si possiedono delle competenze che fanno riferimento alla tradizione degli studi antropologici.
L’antropologia culturale si concerta specificatamente su quegli insiemi di idee e di comportamenti che chiamiamo cultura, i modi diversi in cui i gruppi umani che condividono certe idee e certi comportamenti affrontano il mondo, interpretandolo, conoscendolo, immaginandolo, adattandosi a esso, trasformandolo. L’antropologia mette anche in luce quanto vi è di comune o affine tra i vari modi in cui i diversi gruppi umani interpretano, immaginano, conoscono e trasformano il mondo che li circonda.
La mappa dell’Enneagramma applicata al genere umano descrive 27 tipi di personalità e altrettante sfaccettature dell’esperienza soggettiva e oggettiva, mostrandoci le profonde diversità che esistono sotto la superficie di un’apparente somiglianza. Ma il suo compito è anche quello di farci cogliere l’unità umana sotto l’apparente diversità del comportamento, delle reazioni, delle scelte e delle idee.
La mia formazione accademica nell’ambito dell’antropologia culturale mi porta a considerare inevitabilmente anche l’impatto della cultura nell’espressione e manifestazione della soggettività e ad applicare l’Enneagramma anche alle culture come sistemi. Tuttavia l’essere una mappa che rappresenta l’esperienza umana al di là delle differenze culturali è forse il pregio più grande dell’Enneagramma contemporaneo.
Altro aspetto è la prospettiva olistica tipica dell’antropologia culturale che è fondamentale anche nell’utilizzo dell’Enneagramma. La cultura come l’individuo è un’entità olistica, dal greco ólos, intero, cioè complessa e integrata, formata da elementi che stanno in un rapporto di interdipendenza reciproca. Quando adotta una prospettiva olistica il ricercatore è obbligato a considerare ogni aspetto dell’individuo in relazione a tutti gli altri aspetti, nonché a definire il contesto in cui si collocano i fenomeni presi in considerazione. Proprio come le culture alcuni individui sono più olistici di altri, nel senso che gli elementi costitutivi sono in un rapporto di integrazione maggiore rispetto ad altri. Negli individui questa variabile dipende dal livello di consapevolezza, tuttavia, a qualsiasi stadio una persona si trovi, quando applichiamo l’Enneagramma dobbiamo considerare ogni aspetto che rappresenta in relazione a tutti gli altri.
Ogni Centro, ogni tipo e ogni istinto ha un nucleo forte che lo distingue dagli altri al tempo stesso è assimilato a tutti gli altri, definendo un paradigma che è strettamente connesso all’identità. Paradigma è una parola che viene dal greco parádeigma, che significa qualcosa come modello, punto di riferimento, e che applicato all’individuo serve per definire se stesso dall’alterità, così come in ambito scientifico serve per effettuare confronti e per poter ragionare e agire secondo procedure stabilite dal paradigma medesimo.
È importante ricordare che quando due sistemi reciprocamente sconosciuti, che siano culture o individui, entrano per la prima volta in contatto leggono la novità in base a paradigmi, a schemi mentali già noti. L’antropologia culturale insegna che è importante evitare di giudicare il diverso in maniera istintiva, dando per scontato che il nostro modo di essere e di sentire sia l’unico valido o addirittura l’unico possibile. Invita a metterci nel punto di vista degli altri, delle idee e dei comportamenti espressi dagli esseri umani.
Clyde Kluckhohn parlò dell’antropologia come di uno specchio in cui gli esseri umani potevano riflettersi. Egli voleva dire che le umanità studiate dagli antropologi rimandano delle immagini in cui non solo gli antropologi, ma tutti, con le debite differenze, possono riconoscersi. La dimensione riflessiva è infatti centrale per l’antropologia culturale e fondamentale nell’utilizzo dell’Enneagramma, non solo in quanto consente di cogliere meglio il punto di vista degli altri, ma anche perché così possiamo capire meglio noi stessi. Per ottenere questo risultato dobbiamo decentrare il nostro sguardo, cercare di osservare noi stessi attraverso lo sguardo degli altri. Solo con questo atteggiamento l’Enneagramma è una mappa che funziona e ha la capacità di portare trasformazione interiore e liberazione da schemi e paradigmi univoci.
L’universalismo antropologico si oppone alle tendenze etnocentriche che si manifestano in tutte le culture. L’etnocentrismo culturale corrisponde all’egocentrismo dell’individuo, la tendenza istintiva e irrazionale a ritenere i propri comportamenti e i propri valori migliori di quelli degli altri. In prospettiva culturale spesso sfocia nel razzismo, ma fondamentalmente è un istintivo rifiuto e chiusura alla diversità che l’Enneagramma delle personalità descrive in modo eccellente.
Il compito dell’antropologia come dell’Enneagramma potrebbe essere sintetizzato come quello di costruire un ponte tra diversi mondi, un lavoro di traduzione, praticando, oltre che teorizzando, una cultura dell’ascolto.
Il mio augurio è chi sceglie di utilizzare l’Enneagramma nella propria vita e nel lavoro ne mantenga la dignità. Questo rispetto è tanto più importante oggi in cui i processi planetari stanno riducendo la varietà dell’esperienza umana culturale e individuale a vantaggio di modelli uniformi.
Maura Amelia Bonanno